LA BATTAGLIA PER L'OPEN: traduzione italiana curata da Simone Aliprandi del libro "The battle for open" di Martin Weller. Informazioni complete sul progetto di traduzione in questo post. Puoi suggerire miglioramenti nella traduzione aggiungendo un commento a questo post.
nuove sfide per il diritto nell'era digitale: copyright 2.0, open licensing, libertà digitali, pubblico dominio
mercoledì 28 ottobre 2020
La battaglia per l'open | Cap. 3 – La pubblicazione in Open Access | Par. 1 – Introduzione
La battaglia per l'open | Cap. 2 – Che tipo di openness? | Par. 5 – Conclusioni
LA BATTAGLIA PER L'OPEN: traduzione italiana curata da Simone Aliprandi del libro "The battle for open" di Martin Weller. Informazioni complete sul progetto di traduzione in questo post. Puoi suggerire miglioramenti nella traduzione aggiungendo un commento a questo post.
martedì 27 ottobre 2020
La battaglia per l'open | Cap. 2 – Che tipo di openness? | Par. 4 – Principi che si fondono
LA BATTAGLIA PER L'OPEN: traduzione italiana curata da Simone Aliprandi del libro "The battle for open" di Martin Weller. Informazioni complete sul progetto di traduzione in questo post. Puoi suggerire miglioramenti nella traduzione aggiungendo un commento a questo post.
- libertà di riutilizzo
- Open Access
- gratuità
- facilità di utilizzo
- contenuto digitale in rete
- approcci social e community based
- argomenti etici a supporto dell’openness
- openness come modello efficiente
martedì 20 ottobre 2020
Corso online sul diritto d'autore in biblioteca per il Comune di Cameri (Novara)
Questo giovedì (22 ottobre) e il prossimo (29 ottobre) in mattinata terrò due incontri formativi online organizzati dal Comune di Cameri (Provincia di Novara) sulla gestione del diritto d'autore in biblioteca.
Condivido di seguito la locandina. L'iniziativa è rivolta unicamente al personale del sistema bibliotecario BANT (Biblioteche Associate Novarese e Ticino), tuttavia metterò a disposizione le slides e, se riuscirò a registrare, anche qualche video tratto dal corso online.
La battaglia per l'open | Cap. 2 – Che tipo di openness? | Par. 3 – L'istruzione open. Un breve accenno storico
LA BATTAGLIA PER L'OPEN: traduzione italiana curata da Simone Aliprandi del libro "The battle for open" di Martin Weller. Informazioni complete sul progetto di traduzione in questo post. Puoi suggerire miglioramenti nella traduzione aggiungendo un commento a questo post.
Open = accessibile, “supporto all'apprendimento open”, interattivo, dialogico. L'accessibilità era la chiave.Open = pari opportunità, senza restrizioni portate da barriere o ostacoli all'istruzione e alle risorse didattiche.Open = trasparenza, condivisione di obiettivi didattici con gli studenti, divulgazione degli schemi di votazione e offerta di tutoraggio per esami.Open = ingresso aperto, nessuna richiesta di qualifiche per l'accesso. Tutto ciò che si richiedeva erano ambizione e motivazione/desiderio di imparare.
Libertà di studiare come funziona il programma e di modificarlo in modo da adattarlo alle proprie necessità (libertà 1). L'accesso al codice sorgente ne è un prerequisito.Libertà di eseguire il programma come si desidera, per qualsiasi scopo (libertà 0).
Libertà di ridistribuire copie in modo da aiutare gli altri (libertà 2).Libertà di migliorare il programma e distribuirne pubblicamente i miglioramenti da voi apportati (e le vostre versioni modificate in genere), in modo tale che tutta la comunità ne tragga beneficio (libertà 3). L'accesso al codice sorgente ne è un prerequisito.
I due termini descrivono quasi la stessa categoria di software ma rappresentano valori fondamentalmente diversi. L'open source è una metodologia di sviluppo mentre il free software è un movimento sociale. Per il movimento free software avere il software aperto è un imperativo etico, nel rispetto della libertà degli utenti. Al contrario la filosofia dell'open source considera il problema dal punto di vista del miglioramento tecnico del software (Stallman 2012).
lunedì 19 ottobre 2020
La battaglia per l'open | Cap. 2 – Che tipo di openness? | Par. 2 – Evitare di dare definizioni
LA BATTAGLIA PER L'OPEN: traduzione italiana curata da Simone Aliprandi del libro "The battle for open" di Martin Weller. Informazioni complete sul progetto di traduzione in questo post. Puoi suggerire miglioramenti nella traduzione aggiungendo un commento a questo post.
1. Reuse – il diritto di riutilizzare il contenuto nella sua versione inalterata/letterale (es. fare un backup del contenuto)2. Revise – il diritto di adattare, modificare, aggiustare o alterare il contenuto stesso (es. tradurre il contenuto in un'altra lingua)3. Remix – il diritto di combinare il contenuto originale o rivisto con un altro contenuto per crearne qualcosa di nuovo (es. incorporare il contenuto dentro un altro)4. Redistribute – il diritto di condividere copie dell'originale, le proprie revisioni/remix con altri (es. dare una copia del contenuto ad un amico)
- Incremento dell'audience – Il principale obiettivo qui è rimuovere le barriere che separano le persone dall'accesso alle risorse, siano esse un articolo, un libro, un corso, un servizio, un video o una presentazione. Questo significa che la risorsa deve essere gratuita, facilmente condivisibile online e con i giusti diritti. Per esempio, Davis (2011) ha scoperto che su 36 riviste e che erano pubblicate in Open Access hanno ricevuto molti più download e raggiunto un’audience molto più ampia.
- Incremento del riutilizzo – Questo si relaziona alla precedente motivazione, ma si basa più che altro sull'intenzione che altri hanno di prendere ciò che hai creato e combinarlo con altri elementi, adattarlo e ripubblicarlo. Sono necessarie le stesse considerazioni di cui sopra, ma con un'enfasi maggiore sui diritti minimi e nel rendere la risorsa frazionabile in parti che possano poi essere adattate. Mentre la prima motivazione può significare semplicemente mettere un articolo online, la seconda potrebbe portare alla condivisione dei dati che ne sono alla base.
- Incremento dell'accesso – La differenza dalla prima motivazione sta nell'intento di raggiungere gruppi che possono essere particolarmente svantaggiati. Potrebbe significare open access nel senso che non è necessaria nessuna qualifica di ingresso per iscriversi al corso di studio. In questo caso open non significa gratuito, dato che può essere che gli allievi abbiano bisogno di un supporto extra, che viene in qualche modo pagato. Aiutare gli allievi che spesso falliscono il loro percorso di istruzione pone il focus più sul supporto e meno sul semplice fare in modo che una risorsa sia gratuita. L'aumento dell'accesso non ha necessariamente a che vedere con il prezzo.
- Incremento della sperimentazione – Una delle ragioni per cui la gente adotta approcci open è che questi permettono loro di sperimentare. Ciò può significare l'uso di diversi supporti, il creare identità differenti o il provare un approccio che non rientrerebbe nei vincoli della pratica standard. Per esempio molti MOOC hanno usato la piattaforma per condurre test A/B in cui modificano una variabile in due gruppi, come la posizione di un video o il tipo di feedback fornito, e analizzano l'impatto (Simonite 2013). Il corso open crea entrambe le opportunità con grandi numeri e frequenti presentazioni, all'interno del quadro etico che lo consente. Gli studenti MOOC non pagano, quindi c'è un accordo diverso con l'istituzione scolastica.
- Incremento della reputazione – Essere in rete e online può aiutare a migliorare il profilo di un individuo o di una istituzione. L'openness consente a più persone di vedere ciò che gli autori realizzano (la motivazione dell'incremento della audience), ma l'obiettivo principale è quello di migliorare la loro reputazione. Come accademico, operare nell'ambito open, pubblicare apertamente, creare risorse online, essere attivo sui social media e stabilire identità online possono essere buoni metodi per ottenere il riconoscimento da parte dei colleghi, che può portare a conseguenze più tangibili come inviti a presentazioni in keynote o a collaborazioni nella ricerca. I problemi legati alla reputazione individuale e all'identità sono trattati nel capitolo 7 dedicato all'open scholarship.
- Incremento delle entrate – Nel capitolo precedente ho sollevato i problemi dell'openwashing e dell'usare l'openness come strada per un successo commerciale; ma è anche vero che un approccio open o parzialmente open può essere un efficace modello di business. L'approccio freemium funziona così, quando un servizio è per la maggior parte open ma alcuni utenti pagano per servizi extra, come Flickr ad esempio. Se questo è l'obiettivo allora l'openness lavora per creare una significativa domanda del prodotto. Per le università ciò equivale ad un aumento di studenti nei corsi formali.
- Incremento della partecipazione – Potrebbe essere necessario raccogliere informazioni da un pubblico senza pagare per accedervi. Può essere il caso del fare crowdsourcing nella ricerca oppure dell'ottenere feedback su un libro o su una proposta di ricerca. Essere open permette agli altri di accedere e di fornire gli input richiesti.
- Produzione trasformativa – Qui il processo di produzione modifica coloro che ne sono coinvolti. Può avvenire attraverso una riflessione sul processo di insegnamento o sull'esposizione a modelli di pratica open, con l'obiettivo principale di cambiare un individuo o, più frequentemente, la prassi di un'istituzione.
- Uso diretto – L'obiettivo per un allievo è quello di essere in grado di usare le risorse in modo indipendente, per cui deve essere completo.
- Riutilizzo – A differenza del precedente obiettivo, qui l'accesso dell'allievo è mediato dal riutilizzo di un terzo, ad esempio un insegnante. Creare materiali che gli insegnanti possano usare implica un'attenzione diversa alle caratteristiche richieste rispetto ad un focus direttamente sul fruitore finale.
- Trasparenza/consultazione – L'obiettivo qui è informare gli utenti su come il tema è insegnato.
domenica 18 ottobre 2020
La battaglia per l'open | Cap. 2 – Che tipo di openness? | Par. 1 – Introduzione
LA BATTAGLIA PER L'OPEN: traduzione italiana curata da Simone Aliprandi del libro "The battle for open" di Martin Weller. Informazioni complete sul progetto di traduzione in questo post. Puoi suggerire miglioramenti nella traduzione aggiungendo un commento a questo post.
sabato 17 ottobre 2020
La battaglia per l'open | Cap. 1 – La vittoria dell'open | Par. 7 – Il libro
LA BATTAGLIA PER L'OPEN: traduzione italiana curata da Simone Aliprandi del libro "The battle for open" di Martin Weller. Informazioni complete sul progetto di traduzione in questo post. Puoi suggerire miglioramenti nella traduzione aggiungendo un commento a questo post.
venerdì 16 ottobre 2020
La battaglia per l'open | Cap. 1 – La vittoria dell'open | Par. 6 – Conclusioni
LA BATTAGLIA PER L'OPEN: traduzione italiana curata da Simone Aliprandi del libro "The battle for open" di Martin Weller. Informazioni complete sul progetto di traduzione in questo post. Puoi suggerire miglioramenti nella traduzione aggiungendo un commento a questo post.
La natura della vittoria dell’openness e le lotte successive possono essere spiegate con un esempio che riguarda il settore in cui la battaglia è forse più aspra, e cioè la pubblicazione Open Access. La esploreremo in dettaglio nel capitolo 3, ma un'anticipazione qui può essere utile per introdurre il tema di questo capitolo.
mercoledì 14 ottobre 2020
Didattica online: come usare i materiali didattici nel rispetto del copyright. Webinar per Italosformazione.it
Sabato 24 ottobre alle ore 10 terrò un corso online per il sito Italosformazione.it, iniziativa ideata e curata da Silvia Maneschi. Il corso è intitolato "Didattica online: come usare i materiali didattici nel rispetto del copyright", si terrà attraverso la piattaforma Zoom e durerà circa due ore e 15 minuti, di cui l'ultima mezz'ora sarà dedicata a una sessione di domande e risposte.
Per partecipare è richiesta l'iscrizione attraverso questa pagina.
Riporto di seguito la locandina del corso e di seguito un breve abstract.
ABSTRACT: La rete ci mette a disposizione una sterminata gamma di testi, immagini, video, grafiche e altri materiali utili per l’attività didattica, sia svolta in aula sia svolta online. Vuoi sapere in modo certo come puoi usare – nelle tue lezioni online – i materiali resi disponibili gratuitamente o facilmente reperibili in varie fonti senza incorrere in una violazione dei diritti d’autore? Hai dubbi in merito ai materiali che puoi inserire sul tuo sito web per promuovere i tuoi corsi online? In questo webinar l’avv. Aliprandi ti fornirà una guida dettagliata di tutti i principi di base del diritto d’autore e dei casi di libera utilizzazione previsti dalla normativa vigente, con l’obiettivo di arrivare a comprendere le licenze d’uso dei materiali didattici.
domenica 11 ottobre 2020
Brevetti software: sì, no, forse
Questo articolo è un estratto del capitolo 2 del libro "Software licensing & data governance. Tutelare e gestire le creazioni tecnologiche" (Apogeo/Feltrinelli, settembre 2020) ed è già stato pubblicato liberamente online sul sito Apogeonline.com in questo post sotto licenza Creative Commons Attribution - Non Commercial - Share Alike 4.0.
I temi di questo articolo verranno approfonditi nel corso online "Strategie e modelli contrattuali per cedere e acquisire software" che si terrà a inizio dicembre (maggiori dettagli).
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Dopo che le scelte legislative degli anni Ottanta e Novanta avevano indicato la strada del copyright a scapito del brevetto, il dibattito sulla tutela del software non si assopì del tutto e a tratti registrava qualche voce a favore di un’introduzione della possibilità di brevettazione. E non come soluzione sostitutiva del copyright, bensì come soluzione aggiuntiva e complementare al copyright. Il software sarebbe quindi diventato uno dei più importanti casi di creazione intellettuale soggetto a una duplice tutela, o forse triplice se aggiungiamo la prassi ormai radicata di sfruttare l’istituto del segreto industriale sul codice sorgente.
L’aspetto bizzarro era che tra queste voci vi erano anche quelle di alcune aziende che invece solo un decennio prima avevano spinto decisamente verso la strada del copyright perché ritenuta meno complessa e dispendiosa. Una volta uscite dal mondo delle startup e diventate solide aziende multinazionali, quasi monopoliste nel loro settore, quelle stesse realtà magicamente avevano cambiato idea e iniziavano a trovare appetibile la strada del brevetto.
Il dibattito arrivò presto anche nelle corti statunitensi, che, sfruttando il diverso livello di creatività giuridica consentito ai giudici degli ordinamenti di common law, iniziarono a delineare alcuni casi di applicabilità del modello brevettuale al software in sovrapposizione al copyright e in sostanza a legittimare la prassi. L’ultimo step fu opera dell’Ufficio Brevetti degli Stati Uniti (USPTO), il quale nel 1996 pubblicò un documento intitolato Final Computer Related Examination Guidelines (Linee guida definitive per l’esame dei brevetti relativi ai computer) nel quale si stabiliva:
L’applicazione pratica di un’invenzione relativa al computer è passibile di brevettazione. Questo requisito può essere separato dai divieti variamente formulati contro la brevettazione di idee astratte, leggi della natura o fenomeni naturali.
L’USPTO iniziò quindi ufficialmente ad accettare brevetti per quelle che vengono più propriamente chiamate computer implemented invention (ossia, invenzioni implementate attraverso il computer) ma che di fatto integrano una brevettazione di algoritmi e codice dunque di semplice software.
Il dibattito non riguardò solo gli USA ma arrivò anche da quest’altra parte dell’oceano, pur con qualche anno di ritardo. Si giunse quindi a una proposta di direttiva europea che aprisse formalmente la strada alla brevettazione di software anche nel vecchio continente: la Proposta di Direttiva CE COM(2002)0092 sulla brevettabilità delle invenzioni a mezzo elaboratore.
L’iter di approvazione (Francesco Paolo Micozzi nell’articolo I software e i brevetti offre una breve cronologia della proposta di direttiva. L’articolo è uscito sul numero 31 del 2005 della rivista LinuxPro ed è disponibile liberamente online sul sito dell’autore) venne però fermamente bloccato dal Parlamento Europeo con una storica votazione ad amplissima maggioranza che si è tenuta il 5 luglio 2006 e ha chiuso definitivamente un acceso confronto politico durato circa cinque anni. Visto il risultato schiacciante, la Commissione Europea all’epoca dichiarò che non avrebbe più riprovato a proporre una direttiva volta a introdurre la brevettazione di software.
Ciò nonostante, almeno negli USA i brevetti software rimangono una realtà ormai consolidata. E in Unione Europea, pur con la netta decisione del Parlamento, le aziende software riescono lo stesso a ottenere dall’Ufficio Brevetti Europeo la registrazione di computer implemented invention sfruttando l’elasticità delle maglie del sistema. Benché sia indiscusso il divieto di brevettare software in sé, le aziende interessate a ottenere una tutela brevettuale trovano il modo di camuffare le domande di brevetto e di dimostrare che l’invenzione oggetto della domanda di brevetto non è puro software ma qualcosa di più complesso di cui il software è solo una componente (anche se il più delle volte è la componente principale).