Un'altra strana coincidenza: non sono solito leggere riviste femminili, ma sabato comprando il Corriere della sera come lettura per il viaggio in treno ad Arezzo, mi sono trovato fra le mani anche Io donna. Beh, vi starete chiedendo che connessione abbia questo mio acquisto con il discorso dell'esame di stato e con la partecipazione al dibattito di Arezzo (di cui al post precedente). Ve lo spiego subito.
A pagina 147 di Io donna (edizione del 13/09/08) trovo un'intervista ad un personaggio a me finora sconosciuto (ma solo per mia ignoranza, lo ammetto): Diego De Silva, un ex avvocato partenopeo, ora dedicato a tempo pieno alla scrittura di libri e sceneggiature. Esattamente il contrario di quello che ci insegnavano i nostri padri: "impara l'arte e mettila da parte"... come a dire "suona, scrivi, dipingi... ma poi cerca di mettere la testa a posto facendo un lavoro di quelli sicuri e che danno anche una certa considerazione sociale".
Beh, nell'intervista De Silva sostiene serenamente che i liberi professionisti siano i nuovi poveri italiani. Riporto uno stralcio (appellandomi ad una sorta di fair use) senza aggiungere molte considerazioni personali ma lasciando ad ognuno la libertà di fare le proprie, postandole come commenti:
"Avvocati, medici, architetti e ingegneri hanno una grandissima difficoltà a tenere in piedi la baracca. A quarant'anni sono costretti a farsi aiutare dalle famiglie e a indebitarsi per comprare un'automobile all'altezza del ruolo. Non hanno un sindacato, sono disoccupati che vanno in giro in giacca e cravatta facendo finta di essere molto impegnati. Nessuno è disposto ad ammettere che guadagna meno della badante di sua nonna. Un giornalista che volesse rappresentare questa categoria sarebbe costretto a intervistare un avvocato disoccupato come fosse un testimone di mafia: voce modificata e volto oscurato."
Sì, forse è una analisi un po' impietosa e un po' troppo generalizzante. Ma pensando all'esperienza di alcuni colleghi coetanei, mi chiedo: non è che qui si è liberi professionisti solo quando si tratta di sobbarcarsi oneri (spese, investimenti, gestione contabilità, obblighi deontologici... senza considerare lo stress e i weekend a lavorare) ma non quando si tratta di raccogliere gli onori?