Il progetto "Giurisprudenza delle imprese" e la sua nota sul copyright

Navigando con grande interesse nel sito Giurisprudenzadelleimprese.it, arrivo per deformazione professionale alla classica sezione "note legali", leggo e non resisto a raccogliere l'espresso invito di "fornire osservazioni e suggerimenti". Però lo faccio pubblicamente, con la speranza che si possa generare un dibattito o quanto meno una riflessione di più ampio respiro.

C'è in effetti qualcosa che non mi convince nel disclaimer sui diritti d'autore relativi al sito e al materiale in esso contenuto.
Leggiamo il testo ad oggi presente sul sito (17/05/13):
La riproduzione dei testi pubblicati sul sito è vietata con qualsiasi mezzo analogico o digitale senza il consenso scritto dei curatori. I testi dei provvedimenti giurisprudenziali non sono coperti da diritto d’autore e dunque la protezione si riferisce esclusivamente alla elaborazione e alla forma di presentazione dei testi in oggetto. È consentita la copia dei testi per uso personale nei limiti di quanto previsto dal diritto d’autore. Sono consentite citazioni per cronaca, recensione o critica, purché accompagnate dall’indicazione della fonte.
immagine tratta da Wikipedia
Ragioniamo pezzo per pezzo.
La riproduzione dei testi pubblicati sul sito è vietata con qualsiasi mezzo analogico o digitale senza il consenso scritto dei curatori.
Ok, fin qui ci siamo. I testi del sito nonchè la sua veste grafica costituiscono opera dell'ingegno tutelata da diritto d'autore o quanto meno da un diritto connesso.
I testi dei provvedimenti giurisprudenziali non sono coperti da diritto d’autore
Bingo! I provvedimenti giurisprudenziali sono l'esempio più classico di applicazione dell'art. 5 della Legge sul diritto d'autore e rappresentano uno dei rari casi di vero e proprio pubblico dominio "by default" del sistema italiano.
e dunque la protezione si riferisce esclusivamente alla elaborazione e alla forma di presentazione dei testi in oggetto.
Ecco... qui arriva a mio avviso il punto più dolente.
Per quanto ne so io, nel caso di un database di provvedimenti giurisprudenziali riprodotti "così come sono" (si tratta infatti dei PDF dei documenti presi dalle cancellerie e scannerizzati) e organizzato su criteri non originali e necessitati dalla natura dei documenti in esso contenuti (non ci sono infatti molti modi per organizzare delle sentenze; i criteri sono sempre data, numero, tipo di provvedimento, corte/giudice che lo ha prodotto, norme applicate/richiamate, precedenti casi conformi...) l'unica tutela applicabile è quella del cosiddetto diritto sui generis. Tale diritto copre "l'estrazione ovvero il reimpiego della totalità o di una parte sostanziale della banca dati" (v. art. 102 bis, comma 3, l. 633/1941); quindi risulta abbastanza improprio sostenere che "la protezione si riferisce esclusivamente alla elaborazione e alla forma di presentazione dei testi in oggetto."
Ne consegue che l'estrazione e il reimpiego di parti non sostanziali del database SONO LIBERI (salvo ovviamente qualche residuo rilievo di concorrenza sleale).
È consentita la copia dei testi per uso personale nei limiti di quanto previsto dal diritto d’autore.
Questa forse è la parte meno controversa, ma anche meno utie, dato che non fa altro che ribadire (genericamente) un principio essenziale della legge. Ciò che non si capisce però è se si riferisca ai testi del sito (effettivamente tutelati da diritto d'autore) o ai testi dei provedimenti (i quali, in quanto testi di atti ufficiali, sono di pubblico dominio ex art. 5 LDA). Quindi qualche parola in più non guasterebbe.
E poi...
Sono consentite citazioni per cronaca, recensione o critica, purché accompagnate dall’indicazione della fonte.
Ecco, questo sembra un po' eccessivo. Dal momento che l'estrazione di parti non sostanziali del database è libera e soprattutto che non si tratta di opere di carattere creativo (che si portano dietro anche il "problema" dei diritti morali), è davvero necessario citare la fonte? In fondo, si tratta di sentenze; la fonte è la sentenza in sè. Stop. E comunque le sentenze sono reperibili tali e quali anche da altri canali. Oppure ci si riferisce ai testi del sito? Anche qui un po' più di chiarezza non farebbe male.

Infine, esaurito il mio consueto travaso di pedanteria legalese, mi sia consentito un consiglio. Cari gestori di questo nobile ben fatto progetto, perchè - come si usa dire - intanto che avete fatto 30 non fate 31 e rilasciate il tutto in open data? Evitereste così i "barocchismi" giuridici di questo disclaimer e risultereste davvero "smart" e innovativi, come è stato per la Corte Costituzionale non molto tempo fa. Orsù, fateci un pensierino. Vi offro la mia disponibilità per indicazioni e suggerimenti su come fare (anche se, con tutto il materiale informativo disponibile in rete e con la vostra competenza giuridica, penso possiate farcela da soli).
In fondo sarebbe in piena armonia con quanto avete già scritto nella pagina di presentazione del progetto:
La diffusione dei provvedimenti e delle sentenze, ad oggi sostanzialmente limitata al canale tradizionale della pubblicazione sulle riviste giuridiche specializzate, sconta il difetto di rendere pubblici solo pochi provvedimenti, selezionati secondo criteri inevitabilmente arbitrari, e spesso con forte ritardo rispetto alla data di deposito. Questo costituisce sicuramente un limite alla diffusione della cultura giuridica in quest’area specialistica: con effetti negativi non solo sul piano scientifico, ma anche su quello pratico.
Beh, ma allora se davvero la pensate così, che ne dite di una bella licenza Creative Commons BY? O ancora meglio: una bella Creative Commons BY per testi e grafica del sito e una schietta CCzero per il database delle sentenze?

Commenti

Unknown ha detto…
Credo che la proprietà intellettuale, comunque, vada tutelata. Se ben tutelata - e non sfruttata - è, se ci si riflette a fondo, garanzia della generosità degli autori e della diffusione delle opere.
Simone Aliprandi ha detto…
mi spiega meglio cosa intende con questa distinzione tra sfruttamento e tutela? grazie.
Daniela ha detto…
Se mi ricordo bene, l'opera intellettuale nasce tutelata con la forma più alta di tutela, quella della legge.
Se per "sfruttata" si intende il trarre profitto economico dal lavoro altrui, allora una licenza CC By-nc-sa dovrebbe mettere al riparo da tale indesiderato sfruttamento, non solo, spingerebbe altri a integrare e approfondire il lavoro già svolto e condividerlo con la medesima liberalità.
L'Avv. Aliprandi è sempre molto generoso con le sue opere, pubblica con licenza CC BY, io sono un po' più taccagna, preferisco CC by-nc-sa
Ovviamente mi riferisco all'organizzazione della raccolta, hai titoli e ai riassunti del dispositivo, posto che le sentenze sono in pubblico dominio.
Simone Aliprandi ha detto…
però qui la questione è più che altro focalizzata sul diritto sui generis. pur essendo chiaro che i testi delle sentenze sono in pubblico dominio, se non vi è rinuncia o licenziamento del diritto sui generis non è possibile fare un'estrazione sistematica dei provvedimenti.
Alessio Canova ha detto…
Caro Simone,

credo che l'intenzione dell'autore della "nota di copyright" fosse quella di riservarsi la riproduzione dell'intero PDF che contiene la sentenza, quando scrive "dunque la protezione si riferisce esclusivamente alla elaborazione e alla forma di presentazione dei testi in oggetto".

Concordo ovviamente con la tua opinione circa la libera riproducibilità del "contenuto" delle sentenze. Ma, a mio modesto avviso, la "forma" è invece tutelabile.

Un caro saluto.

Alessio Canova
Simone Aliprandi ha detto…
Caro Alessio, grazie per il tuo prezioso e autorevole punto di vista. Capisco ciò che intendi... ma lasciami dire che non mi convince del tutto. La mera scannerizzazione di un documento quale diritto può generare? Di certo non un diritto d'autore, ma a mio avviso nemmeno un diritto connesso. E se fosse un diritto connesso, quale sarebbe?
Alessio Canova ha detto…
Premetto che non ho una conoscenza approfondita del sito.
Ma da quanto ho visto, non si tratta di mere "scansioni" ma di file PDF indicizzabili.

Per come la vedo io:
- la riproduzione del file PDF è attività che può essere riservata;
- la riproduzione del contenuto della sentenza è per definizione libera;
- la riproduzione di una porzione quantitativamente rilevante della banca dati di "Giurisprudenza delle imprese", intesa come "contenuto" delle sentenze, è attività riservata ai sensi dell'art. 102-bis (diritto sui generis).

Ovviamente è solo una modestissima interpretazione.

Cari saluti.

AC
Simone Aliprandi ha detto…
caro Alessio... dei tuoi 3 punti, il secondo sembra quello su cui tutti siamo d'accordo senza ombra di dubbio.
il primo è quello che continua a lasciarmi perplesso. l'ho già sentita questa cosa della "digitalizzazione che crea diritti" e non ho ancora capito sulla base di quale norma e quale diritto.
il terzo invece è pienamente in linea con quanto da me scritto nell'articolo. è secondo me l'unico diritto applicabile. ma appunto di applica a "parti sostanziali del database"e soprattutto dura solo 15 anni.
Unknown ha detto…
Caro Simone, ho letto e riletto il post e i commenti, maturando in effetti i tuoi stessi dubbi. Non colgo quale sia la norma che fonderebbe una sorta di "diritto di digitalizzazione": ancorché trattasi di PDF indicizzabili, ciò non conferisce loro rango maggiore a livello di tutela, non mi è chiaro quale argomentazione potrebbe sostenere tale assunto. Mi sembra difettare sia il criterio della creatività, che dell'originalità. Resta impregiudicato, come sottolinei giustamente, il diritto sui generis, ammesso e non concesso che abbiano fatto un investimento rilevante (cosa che abbiamo data per scontata immagino). Dovremmo chiedere lumi ai diretti interessati, anche per gli altri rilievi che hai fatto nel post (quali la citazione per cronaca o la copia personale).
Alessio Canova ha detto…
Provo a spiegare meglio.
Se cercaste la norma che fonda un diritto discendente dalla digitalizzazione, ovviamente non la trovereste (almeno nell'attuale formulazione della LdA). Sapete tuttavia bene che una legge non è solo quello che è scritto nero su bianco, ma anche interpretazione.
Ebbene nello spirito della LdA, specie dopo la riforma del 2001, viene enfatizzato il concetto di "diritto connesso" come nascente da un impiego di risorse in termini di tempo/denaro che fonda un diritto esclusivo di riproduzione.

Facciamo un esempio concreto.
Se facessi una fotografia digitale ad alta risoluzione alla Gioconda (art. 88ss) e apponessi le indicazioni ex art. 90, acquisirei un diritto esclusivo di riproduzione ventennale. Il legislatore vuole infatti evitare che terzi si approprino del mio "lavoro", per quanto creativamente nullo o quasi.
Secondo voi, da un punto di vista della ratio, quale sarebbe la differenza con la tutela che, secondo la mia modestissima opinione, andrebbe accordata all'autore di un PDF indicizzabile ricavato da un testo di pubblico dominio?

Parlo di ratio e non di norme, visto che non esiste un articolo "aperto" che permette di considerare diritti connessi "atipici".