Un comma per l'open data

Io lo dico da tempi "non sospetti" e ovviamente non sono il solo a sostenerlo (si veda questo articolo)... forse per la semplice ragione che non ci vuole chissà quale mente raffinata per arrivare a questa soluzione. Ma in questo momento storico all'insegna della "semplificazione" e delle riforme, credo che possa crearsi finalmente l'occasione per inserire due righe nella legge sul diritto d'autore che aiuterebbero molto il fenomeno comunemente detto "open data" in materia di Public Sector Information.
All'articolo 5 della famigerata legge 633/1941, il cui testo storico è il seguente (un solo comma, molto laconico):
Le disposizioni di questa legge non si applicano ai testi degli atti ufficiali dello stato e delle amministrazioni pubbliche, sia italiane che straniere.
andrebbe aggiunto un ulteriore comma, che potrebbe suonare più o meno così:
Parimenti tali disposizioni non si applicano alle banche di dati i cui detentori dei diritti siano lo stato, le amministrazioni pubbliche o altri enti pubblici.
Un comma, due righe, una manciata di parole che ci farebbero risparmiare tutta una serie di dibattiti pubblici, elucubrazioni dottrinali, consulenze di mega-esperti di proprietà intellettuale mirate a decidere quale sia la licenza o il waiver più opportuni per liberarsi dell'assurda tutela di copyright sulle banche dati pubbliche.
In realtà ad avviso mio e di altri giuristi sarebbe già sufficiente l'attuale versione dell'articolo, la quale andrebbe interpretata in senso estensivo. In fondo, le banche dati pubbliche (per esempio gli stradari e altri dati georeferenziati, gli orari dei mezzi di trasporto, i recapiti degli uffici e dei pubblici funzionari...) non sono a tutti gli effetti "testi", ma nella maggior parte dei casi sono degli allegati degli atti testuali che li adottano (leggi, delibere, ordinanze...) e ne diventano quindi parte integrante.
Tuttavia, dal momento che purtroppo l'interpretazione classica di dottrina e giurisprudenza non aiuta, allora perchè non sgombrare ogni dubbio aggiungendo quelle due righe all'articolo? Si creerebbe una ottimale situazione di pubblico dominio ex lege, come già esiste in alcuni paesi del mondo.
Certo, lo so già che il problema non è tanto di natura giuridica, quanto a livello di best practice informatica ("informatica" nell'accezione etimologica di "attinente alla gestione automatizzata delle informazioni"). Però si comincerebbe a sgombrare il campo da tutta la questione giuridica, che a mio avviso - e ad avviso di molti altri - è sempre stata un falso problema; e vedremo che così le cose inizieranno a viaggiare ad una velocità diversa, anche solo per il semplice fatto che la scelta della licenza più opportuna, più compatibile, più affidabile, più trendy... non sarà più un alibi per rallentare il rilascio dei dati.

Commenti

dsk ha detto…
il 5 si riferisce solo agli atti ufficiali (leggi, massime sentenze - vedi commentario dda). guardati anche l'art 11!
Simone Aliprandi ha detto…
Caro dsk, la ringrazio. Il codice e il relativo commentario mi sono noti. La mia proposta è proprio quella di ampliare il campo d'azione dell'art. 5. Anche il dataset degli orari dei mezzi pubblici di un comune è a mio avviso un *atto ufficiale*, al pari della delibera che approva e adotta quegli orari. Con l'aggiunta di quel comma si sgombrerebbe ogni dubbio interpretativo.
Simone Aliprandi ha detto…
Quanto all'articolo 11... per me andrebbe riformato anche quello, in modo da portare un pubblico dominio su TUTTE le opere prodotte dalla pubblica amministrazione... ma credo che sia ancora troppo traumatica come cosa. Inizierei a liberarmi del copyright sui dati pubblici... e poi pensiamo al resto.
Simone Aliprandi ha detto…
Sulla lista Nexa si è animata un interessante dibattito che prende le mosse da questo mio intervento. Rimando agli archivi della lista per maggiori dettagli: http://server-nexa.polito.it/pipermail/nexa/2012-March/016675.html
Ad ogni modo credo sia opportuno riportare qui gli spunti più interessanti emersi.

Ad esempio, Carlo Blengino ha suggerito di aggiungere al comma le seguenti parole: "..e gli enti pubbici strumentali, in qualiasi forma giuridica costituiti" visto che in effetti, con il proliferare società di diritto privato a partecipazione
pubblica, son quelli gli enti che hanno i dati più interessanti...

Cristiana Sappa ha invece sottolineato l'importanza di puntare sulla via dell'interpretazione estensiva dell'art. 5 così com'è, onde evitare un intervento legislativo foriero di ulteriore confusione. Riporto qui sotto ciò che ho risposto in lista a questa osservazione.
Simone Aliprandi ha detto…
Io, come scritto nell'articolo e sostenuto in varie occasioni, sono della stessa idea.
Però temo di essere in minoranza... e temo che nei seggi dell'altra parte maggioritaria siedano sia illustri esponenti della dottrina, sia molti giudici (ricordo che giurisprudenza specifica sul tema non ce n'è).
Anche perchè altrimenti non mi spiegherei tutto il dibattito sul rilascio e licenziamento dei dati pubblici. Se i dati pubblici sono già di per sè esclusi dalla tutela, che bisogno c'è di licenziarli, o di aggiungervi un waiver di pubblico dominio (tipo CC0)?? Forse a mero scopo di chiarezza? Forse sì... ma forse no.

Dovremmo quindi già essere alla fase in cui sia lecito e possibile prendere i dati di cui è titolare la PA e utilizzarli in quanto di pubblico dominio, senza sentirsi in dovere di chiedere il permesso.
Ma chissà come mai gli enti che hanno provato a farlo e sono andati da un avvocato per chiedere delucidazioni si sono sempre sentiti rispondere "in teoria potete farlo, però da avvocato prudente e coscienzioso devo avvertirvi che l'interpretazione dell'art. 5 (e 11) LDA non è univoca... quindi avete comunque una percentuale di rischio".
Ed ecco che i progetti si arenano perchè spesso non ci si vuole assumere il rischio dell'incognito. La mia idea è dunque che un comma in più all'articolo 5 (e magari anche all'art. 11) forse eviterebbe questo empasse.
Simone Aliprandi ha detto…
Lancio un'altra riflessione che forse potrà suonare una provocazione...
Non è che utilizzando licenze pubbliche o waiver di pubblico dominio stiamo implicitamente legittimando l'interpretazione inversa?
Mi spiego meglio. Se si diffonde la prassi (assolutamente nobile e da incoraggiare) per cui i dati detenuti dagli enti pubblici per essere liberamente utilizzabili devono essere "contrassegnati" con una licenza pubblica o un waiver di pubblico dominio, stiamo in un certo senso legittimando l'idea che in fondo l'art. 5 non è efficace nella sua attuale formulazione. Un giudice che dovesse essere investito di una questione su questo tema potrebbe essere indotto a pensare che la prassi diffusa di rilasciare le banche dati in quel modo lascia sottindendere che l'interpretazione più diffusa dell'art. 5 è proprio quella restrittiva e non quella estensiva. E quindi emettere una sentenza in quella direzione. Come dire: "Carissimi, se questa specifica PA non ha rilasciato i dati in CC0 come invece hanno fatto molti altri enti, è perchè sostanzialmente non voleva rilasciarli. Quindi chi li ha utilizzati ha violato un suo diritto esclusivo."
Forse sto delirando... in tal caso ditemelo senza mezze misure. ;-)
Alberto ha detto…
Complimenti per l'eleganza della soluzione. Sono molto, molto d'accordo. Buona fortuna!
Morena Ragone ha detto…
L'art 5 a mio avviso non è sufficiente, perché fa riferimento agli 'atti ufficiali dello Stato', locuzione dal significato ben preciso, che, purtroppo, per quanto ci si sforzi, non ricomprende tutto. L'art. 11 è forse più rispondente, e chiaramente va adattato alle esigenze dell'open data. Stiamo lavorando in molti, da diverso tempo, su possibili soluzioni normative, sarebbe importante riuscire a trovare una sintesi che tenga conto di tutti i profili emersi. La LdA è uno degli aspetti, pur estremamente importante, della questione, ma se i dati non sono disponibili non è certo solo una questione di licenze, e lo sappiamo bene. E, sempre a mio avviso, purtroppo, la soluzione del problema non è affatto semplice come a volte appare.
Simone Aliprandi ha detto…
Cara Morena...
ho scritto io per primo che so che non è solo una questione di proprietà intellettuale. Ma ho anche scritto che è un primo passo per sgombrare il campo almeno dalla questione della proprietà intelettuale e eliminare quell'alibi.
Pietro Blu Giandonato ha detto…
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Pietro Blu Giandonato ha detto…
Guardiamo la famigerata IODL, che anche nella sua ultima v. 2.0 - praticamente una CC-BY - rasenta l'eresia con il riferimento al copyright. IMHO tra le "5. Varie" la dicitura "la presente licenza non costituisce un'autorizzazione a violare la legislazione italiana in materia di diritto d’autore (Legge n. 633/1941)" è in fortissimo contrasto con il concetto di dato aperto della PA: io quei dati li ho già pagati, e fare riferimento al copyright è appunto pura eresia...
Simone, hai ragione da vendere...
Fux@ ha detto…
La questione è di mio interesse e da giurista anche io concordo con Morena (che saluto!) circa l'inapplicabilità dell'art. 5 agli open data.
Fin tanto che per open data si intenderanno i dati proprietari e non si distinguerà fra dati pubblici e dati privati, non sarà possibile un'interpretazione estensiva dell'art. 5.
Mi rendo, altresì, conto che "sperare" in un intervento sulla 633 non è facile!
Fux@
Simone Aliprandi ha detto…
Caro Fux@,
non capisco bene il senso del suo commento.
Lei parla di "inapplicabilità dell'art. 5 agli open data" ma in realtà qui si parla di un'altra cosa: cioè del togliere dall'ambito del cosiddetto database right le banche dati di titolarità pubblica. Di soggetti privati che detengono dati in un'ottica proprietaria ce ne saranno sempre (a meno di radicali riforme del diritto d'autore a livello europeo); ma ciò non toglie che si possa spingere per una chiarificazione dell'articolo 5, che nell'attuale formulazione risulta troppo laconico e troppo liberamente interpretabile.
Qui nessuno pensava di rivoluzionare il mondo con l'aggiunta di un comma sulla legge sul diritto d'autore, ma semplicemente l'intento era quello di sgombrare il dubbio a livello interpretativo.
Poi non riesco a capire bene il senso della frase "Fin tanto che per open data si intenderanno i dati proprietari e non si distinguerà fra dati pubblici e dati privati, non sarà possibile un'interpretazione estensiva dell'art. 5.". Può spiegarmi meglio? Grazie.
Morena Ragone ha detto…
Appunto, va cambiata la normativa, e su questo siamo d'accordo. E' il come che mi interessa. Ragioniamoci su ancora, qui.. :-)
Anonimo ha detto…
Salve,

stavo commentando con alcuni amici del Gfoss (di cui credo conosca Alessandro Furieri) circa i diritti riservati di una Amm.ne Com.le su delibere ecc.;

mi sembra chiaro (da non tecnico) che l'apparente contraddizione fra artt. 5 e 11 della 633/41 si risolve nel fatto che gli atti vari sono 'riservati' (art. 11) e quelli ufficiali 'pubblici' (art. 5);

se questa interpretazione sta in piedi, dovremmo aver chiarito una cosa: PGT, NTA, delibere, ecc. sono atti pubblici e sottratti alla disciplina del diritto d'autore:

troppo facile?

grazie, saluti,
giuliano curti

(Scusi se nel precedente post ho usato inopinatamente la seconda persona singolare :-)
Simone Aliprandi ha detto…
Eh sì, troppo facile.
Se prova a leggere anche l'altro articolo (quello linkato all'inizio di questo e risalente alla primavera del 2010) avevo già ragionato sul fatto che l'articolo 5 si riferisce ai TESTI degli atti ufficiali e non agli atti ufficiali. Questa è stata la sottigliezza linguistica che ha portato parte della dottrina ad interpretare in senso restrittivo la norma. Ma appunto parliamo di dottrina... la giurisprudenza non ha avuto ancora occasione di occuparsene nello specifico.