David di Michelangelo: Easyjet lo utilizza senza pagare né chiedere il permesso. Perché?

In questi giorni di inizio vacanze estive l'avrete probabilmente vista circolare, sia in TV sia sui vari social media: è la campagna pubblicitaria della compagnia aerea Easyjet che ha trovato il simpatico espediente comunicativo di alcuni noti personaggi della storia dell'arte che vanno in vacanza viaggiando sui suoi voli.

Tra questi c'è la Monna Lisa di Leonardo Da Vinci, la Ragazza con l'orecchino di perla (o Ragazza col turbante) di Jan Vermeer e il David di Michelangelo Buonarroti. Per chi non conoscesse la campagna, condivido qui sotto qualche screenshot; a questo LINK potete leggere qualche informazione in più sulla campagna e quest'altro LINK invece potete vedere lo spot integralmente.



Piccolo problema giuridico: il David, in quanto opera conservata in un museo pubblico italiano (la Galleria dell'Accademia di Firenze), sottostà ai vincoli di riproduzione di cui agli articoli 107 e 108 del Codice Beni Culturali italiano e dunque quell'utilizzo dovrebbe essere preceduto da una richiesta di autorizzazione al museo e dal versamento di canoni per lo sfruttamento commerciale dell'opera.

E a scanso di equivoci per chi non conoscesse bene la questione giuridica... No, non c'entra nulla il copyright o il diritto d'autore. Le opere di Michelangelo non sono mai state coperte da diritti d'autore in quanto nel Rinascimento non esisteva quel diritto. Qui si tratta di un altro diritto; un diritto che io ironicamente definisco "pseudo-copyright" e che più propriamente andrebbe qualificato come diritto dominicale. [Per comprendere meglio il background teorico vi rimando a questa mia videolezione.]

Qualcuno potrebbe obiettare "ma non è proprio una fotografia del David; è solo un tizio mascherato da David!". Certo, sono d'accordo. Tuttavia ci sono precedenti giurisprudenziali che confermano che anche quel tipo di utilizzo dovrebbe essere soggetto ai vincoli del Codice Beni Culturali. Pensiamo infatti alla vicenda giudiziale che ha visto protagonista la piccola azienda carrarese Studi d'Arte Cave Michelangelo di cui più volte abbiamo parlato in queste pagine (rimando al commento dettagliato che ho scritto a quattro mani con Carlo Piana); nel provvedimento del Tribunale di Firenze, ottenuto su azione proprio della Galleria dell'Accademia, il giudice aveva teorizzato (a mio avviso in modo un po' "allucinato") l'esistenza di una sorta di diritto di immagine dell'opera d'arte, arrivando quindi a rendere illecite anche le riproduzioni fotografiche di COPIE della nota scultura di Michelangelo.

Qui siamo su un piano ancora diverso, ma comunque, applicando l'approccio del giudice fiorentino, Easyjet avrebbe dovuto chiedere autorizzazione e versare i canoni, perché comunque l'immagine dell'opera d'arte è palesemente richiamata e utilizzata in un contesto che potrebbe risultare svilente [NOTA IMPORTANTE: secondo me non lo è, perché il contesto parodistico stempera la violazione; ma secondo l'approccio iper-conservatore del Ministero Cultura e dei grandi musei nazionali invece dovrebbe esserlo].

Voi ora direte: "be', ma che ne sai tu che Easyjet non ha fatto le cose per bene e ha chiesto l'autorizzazione versando l'obolo alla Galleria?". Lo so! Lo so perché nelle scorse settimane ho fatto uno specifico accesso civico all'amministrazione del museo e ho ricevuto la risposta che trovate in questo screenshot.


La domanda (ovviamente "bacchettona" e fastidiosa) ora diventa: perché la Galleria dell'Accademia ha colpito duramente una piccola azienda italiana come Studi d'Arte Cave Michelangelo (un'azienda che tra l'altro rappresenta una piccola eccellenza artigianale del Made in Italy e ha una vocazione parzialmente didattica) e fa finta di nulla con una società multinazionale (che per di più riceve agevolazioni dallo Stato italiano e dalle Regioni per le tratte aeree nazionali) come Easyjet?

Questa storia è l'ennesima conferma, come anche l'assurda vicenda giudiziale tra Gallerie dell'Accademia di Venezia e Ravensburger per il puzzle dell'Uomo Vitruviano (VEDI ARTICOLO) che la normativa sulle riproduzioni di beni culturali (articoli 107 e 108 del Codice Beni Culturali) non ha minimamente senso per tre grandi ragioni:

  • innanzitutto lascia troppa discrezionalità ai musei, con il rischio di situazioni di disparità di trattamento incomprensibili;
  • inoltre tende a penalizzare più le aziende italiane rispetto ai grandi player internazionali (che sono quelli che invece si arricchiscono davvero sfruttando il preziosissimo patrimonio culturale italiano);
  • infine è comunque contraria all'art. 14 della direttiva 2019/790/UE come abbiamo spiegato ormai in varie sedi (fino alla nausea) e quindi prima o poi porterà a ricorsi di fronte alla Corte di Giustizia UE.
Confido che questa storia diventi un ulteriore spunto di riflessione per gli studiosi ed esperti del settore ma anche e soprattutto di dibattito politico per la revisione della normativa vigente in Italia.

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