Una visione pessimistica sul piano vaccini e sul futuro della pandemia COVID

Secondo questo grafico tratto da https://ondata.github.io/vaccinipertutti/ (riportato da Repubblica.it; ce n'è uno quasi identico su Sole24ore.it), con l'attuale ritmo di somministrazione la famigerata "immunità di gregge" da COVID si raggiungerà alla fine del 2024. Secondo altre proiezioni ciò avverrà anche più in là nel tempo. Ma il problema non è tanto il ritmo; anche ipotizzando di riuscire a risolvere il serio problema della capacità di fornitura da parte delle aziende farmaceutiche e di raddoppiare o triplicare il ritmo delle somministrazioni, non si capisce come si possa realmente parlare di "raggiungimento dell'immunità di gregge". Mi spiego meglio.


Innanzitutto cerchiamo di chiarirci le idee su che cosa si intenda per "immunità di gregge". Come si legge sul sito FondazioneVeronesi.it per immunità di gregge "si intende quel fenomeno per cui, una volta raggiunto un livello di copertura vaccinale (per una determinata infezione) considerato sufficiente all’interno della popolazione, si possono considerare al sicuro anche le persone non vaccinate. Il motivo è chiaro. Essere circondati da individui vaccinati e dunque non in grado di trasmettere la malattia è determinante per arrestare la diffusione di una malattia infettiva." Questa soglia minima di copertura vaccinale per il COVID è calibrata al 70% della popolazione nazionale secondo alcuni, all'80% secondo altri. E come vedete, il concetto chiave di questa definizione è quello della "capacità di trasmettere" il virus.

Tutta la retorica (perché di quello si tratta) sull'immunità di gregge è un grave errore della comunicazione scientifica e istituzionale legata alla pandemia; e qualcuno prima o poi dovrà prendersene la responsabilità. Innanzitutto non ha senso parlare di "immunità di gregge" fin quando non si ha la certezza che i vaccini in uso possano fermare la trasmissione del virus (per ora si sa per certo solo che fermano la malattia). Poi bisogna considerare che l'immunità data dai vaccini ha comunque una durata limitata nel tempo, quindi dovremo andare avanti per anni a fare richiami e probabilmente ci saranno categorie che non riusciranno mai a prendere il treno dei vaccini perché quando arriverà il loro turno sarà già il momento di fare il secondo o terzo giro di vaccini alle categorie a rischio. 

Inoltre ci saranno le varianti e quindi i richiami dovranno essere adeguati alle nuove varianti. Si innescherà una rincorsa alle varianti che via via nasceranno e non sarà facile tenere il passo e definire un passaporto vaccinale secondo il quale una persona risulti davvero vaccinata per tutte le varianti.

E ancora, qualsivoglia calcolo statistico sulla copertura vaccinale salterà nel momento in cui si riapriranno le frontiere e le persone inizieranno a spostarsi da una nazione all'altra; perché alcune nazioni saranno necessariamente più avanti di altre nella copertura vaccinale. D'altronde, prima o poi dovremo pure tornare a viaggiare; oppure pensiamo di poter ragionare in ottica nazionale o addirittura regionale in eterno? Poi, se ci pensiamo, la scorsa estate gli europei sono andanti in vacanza abbastanza (forse troppo) serenamente pur senza vaccini e senza farmaci antiCOVID; perché mai non dovremmo tornare a viaggiare anche la prossima estate, quando avremo farmaci e vaccini? Ma riaprendo le frontiere si tornerà a "rimescolare le carte" e far circolare il virus nelle sue varianti; quindi a settembre saremo maggiormente esposti a una nuova ondata autunnale. La danza riprenderà.

Ne consegue che, nonostante i vaccini, questa pandemia in realtà ci farà compagnia ancora per alcuni anni; e con essa i disagi e le restrizioni. Semplicemente, grazie ai vaccini, ai farmaci e alle terapie, riusciremo progressivamente a tenerla a bada, evitando che la gente si ammali in modo grave (che – sia chiaro – è già un ottimo risultato!). Tuttavia il virus continuerà a circolare; quindi insistere con questa narrazione artefatta del "raggiungimento dell'immunità di gregge" è davvero assurdo e poco corretto. È solo un "oppio per i popoli" per motivare i cittadini maggiormente a partecipare alla campagna vaccinale; perché se si dicessero le cose come stanno molte persone andrebbero in panico o quanto meno in depressione; mentre altre utilizzerebbero l'argomento per dire che allora i vaccini non servono a nulla. Credo comunque che la scienza non debba prestarsi a queste dinamiche e semplicemente dire le cose come stanno, con trasparenza e onestà intellettuale. Molto più corretto parlare (come già alcuni fanno [EDIT: vedi ad esempio Christine Lagarde]) di "immunità diffusa"; quella sì che verrà raggiunta grazie ai vaccini.

In sintesi, parlare di "immunità di gregge" trasmette l'aspettativa che, raggiunta una certa percentuale di vaccinati, allora il virus smetterà di circolare, con un beneficio anche per i non vaccinati e con un ritorno alla vita pre-pandemia. Questa aspettativa però è poco realistica, perché questo non succederà; o quanto meno non succederà in pochi mesi come stanno cercando di farci credere. Ciò nonostante, i vaccini vanno fatti, il più presto possibile e a più persone possibili; perché almeno, raggiungendo un'immunità diffusa, elimineremo i rischi della malattia e la pressione sui sistemi sanitari... che poi è il vero problema, ed è sempre stato il vero problema.

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NOTA 1: Per prevenire commenti imbecilli del tipo "ah ma allora sei un lurido novax!", tengo a precisare che chiunque pensi questo, probabilmente non ha neuroni sufficienti per capire il testo di questo articolo. Chiarisco subito che io sarò il primo a farmi il vaccino appena sarà possibile, indipendentemente da quale vaccino mi verrà proposto; solo un idiota potrebbe rifiutare il vaccino. Anzi, sarei disposto pure a pagare di tasca mia per farlo. Ma sono abbastanza convinto che la pandemia non svanirà come fosse un incantesimo grazie ai vaccini; quantomeno non quest'anno. Forse progressivamente impareremo a vivere più serenamente accettando la presenza di questo ospite scomodo e a un certo punto (tra qualche anno) non ce ne cureremo più.

NOTA 2: Per prevenire commenti inopportuni del tipo "Ma tu perché parli di questi temi? Sei un epidemiologo o un virologo?"... no, non sono un epidemiologo o un virologo, ma mi occupo di divulgazione e parallelamente di comunicazione della scienza, e credo di essere sufficientemente informato su ciò che sta accadendo per poter esporre le riflessioni che leggete qui sopra, che comunque rimangono opinioni personali e non aspirano a diventare verità assolute.

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