Riporto il paragrafo 2 del capitolo 1 del libro "Cronache dalla radura. Riflessioni ed esperienze sulla complessità delle relazioni di coppia" (informazioni complete sul libro e link per ordinarlo disponibili su https://aliprandi.org/books/radura/).
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Chi nella radura ci è stato davvero, sa che non ha senso “fare i fenomeni” e atteggiarsi come chi nella radura si muove con massima confidenza e serenità, sentendosi “in the place to be”. La vita nella radura, soprattutto d’inverno quando il freddo si fa tagliente e la luce scarseggia, è difficile e mette tutti alla prova.
L’atteggiamento spavaldo non porta molto lontano. Sono invece umiltà e coraggio i due requisiti essenziali per sopravvivere nella radura; lo sottolinea anche Zygmunt Bauman nel suo “Amore liquido”, quasi riferendosi anch’egli alla metafora della radura:
Quand’anche si avesse un po’ di predisposizione alla vita “selvatica”, una cosa rimane certa: stare nella radura costa fatica, provoca incertezza, mette alla prova e fa emergere i nostri limiti. Fuori di metafora: le relazioni di coppia sono qualcosa di estremamente complesso e imperscrutabile (che poi è il leitmotiv di questo libro). Chi lo nega è perché tendenzialmente non ha mai conosciuto la radura vera, perché è rimasto sempre nel castello o magari ha solo fatto qualche giro nei cortili attorno al castello, illudendosi che si trattasse della vera radura.
Perciò, salvo qualche caso eccezionale, coloro che popolano la radura vanno in giro affaticati, sudati, con i vestiti sdruciti e con qualche cicatrice addosso. Si riconoscono facilmente e solitamente tra loro si accende una certa empatia e comprensione reciproca. “So cos’hai dovuto passare per arrivare qui” sembrano dirsi con lo sguardo. E se anche non hanno intenzione di fare un pezzo di strada insieme, cercano almeno di “scambiarsi qualche informazione utile: “se prendi quel sentiero trovi un bosco tranquillo in cui passare la notte”, “non andare verso nord perché ci sono i lupi”...
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[3] Bauman, Amore liquido, pag. 12.
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Chi nella radura ci è stato davvero, sa che non ha senso “fare i fenomeni” e atteggiarsi come chi nella radura si muove con massima confidenza e serenità, sentendosi “in the place to be”. La vita nella radura, soprattutto d’inverno quando il freddo si fa tagliente e la luce scarseggia, è difficile e mette tutti alla prova.
L’atteggiamento spavaldo non porta molto lontano. Sono invece umiltà e coraggio i due requisiti essenziali per sopravvivere nella radura; lo sottolinea anche Zygmunt Bauman nel suo “Amore liquido”, quasi riferendosi anch’egli alla metafora della radura:
Umiltà e coraggio [...] sono qualità entrambe indispensabili, in dosi massicce, ogni qualvolta ci si addentra in una terra inesplorata e non segnata sulle mappe; e quando tra due o più esseri umani scocca l’amore, è proprio in questo tipo di territorio che vengono spinti.[3]Siamo tutti nati nel castello del nostro nucleo familiare e poi magari ci siamo costruiti il nostro; e solo pochi possono dire di essere veri “animali da radura”. Qualcuno è in effetti stato indotto a uscire dal castello prima di altri e quindi ha avuto modo di ambientarsi meglio. Ma sappiano tutti che la società occidentale contemporanea, e quella italiana particolarmente, tende a ritardare l’uscita dal castello e in alcuni casi – come spiegheremo meglio più avanti – favorisce il passaggio da castello ad altro castello, senza che le persone abbiano nemmeno l’occasione di provare l’ebbrezza di un giro anche solo “di prova” nella radura delle relazioni autentiche.
Quand’anche si avesse un po’ di predisposizione alla vita “selvatica”, una cosa rimane certa: stare nella radura costa fatica, provoca incertezza, mette alla prova e fa emergere i nostri limiti. Fuori di metafora: le relazioni di coppia sono qualcosa di estremamente complesso e imperscrutabile (che poi è il leitmotiv di questo libro). Chi lo nega è perché tendenzialmente non ha mai conosciuto la radura vera, perché è rimasto sempre nel castello o magari ha solo fatto qualche giro nei cortili attorno al castello, illudendosi che si trattasse della vera radura.
Perciò, salvo qualche caso eccezionale, coloro che popolano la radura vanno in giro affaticati, sudati, con i vestiti sdruciti e con qualche cicatrice addosso. Si riconoscono facilmente e solitamente tra loro si accende una certa empatia e comprensione reciproca. “So cos’hai dovuto passare per arrivare qui” sembrano dirsi con lo sguardo. E se anche non hanno intenzione di fare un pezzo di strada insieme, cercano almeno di “scambiarsi qualche informazione utile: “se prendi quel sentiero trovi un bosco tranquillo in cui passare la notte”, “non andare verso nord perché ci sono i lupi”...
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[3] Bauman, Amore liquido, pag. 12.
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