Riporto il paragrafo 5 del capitolo 4 del libro "Cronache dalla radura. Riflessioni ed esperienze sulla complessità delle relazioni di coppia" (informazioni complete sul libro e link per ordinarlo disponibili su https://aliprandi.org/books/radura/; licenza CC BY-NC).
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Una storia simile, sempre di valori distorti e di atteggiamento narcisistico e antirelazionale, vede come protagonista Alice, una donna “in carriera” di trentaquattro anni, brillante, autonoma, piacente; dotata di un certo potenziale emotivo ma troppo “centrata su se stessa” per poterlo esprimere.
Alice un giorno durante un meeting di lavoro incontra Stefano, un libero professionista di qualche anno più grande; e tra i due nasce subito intesa e forte attrazione. Iniziano quindi a frequentarsi per qualche mese.
Lei, come il protagonista della storia che ho raccontato poc’anzi, è abbastanza ossessionata dalla forma e, di converso, poco attenta alla sostanza delle cose. Molto concentrata sull’apparire (sia come lei deve apparire agli occhi degli altri, sia come gli altri appaiono ai suoi occhi), si gratifica con costante attività di shopping in negozi di abbigliamento e accessori, possibilmente di marca. Stefano al contrario è una persona molto più spontanea e informale, ma comunque educata, corretta, affidabile; con degli interessi più che altro di carattere culturale e di impegno sociale.
Nonostante queste differenze di approccio alla vita, i due trovano molti punti in comune e cercano di coltivare una relazione sana. In realtà, come vedremo, è più che altro Stefano a porsi in un atteggiamento di autentica apertura alla relazione.
Alice ha il privilegio di vivere in una delle città più belle d’Italia, meta turistica per milioni di persone ogni anno, in quanto piena di attrazioni culturali ineguagliabili. Stefano invece viene da un piccolo centro della provincia e, grazie a maggiore elasticità sul lavoro, si rende fin da subito disponibile a farsi carico lui di buona parte degli spostamenti; infatti nei circa quindici weekend su cui si estende la relazione, il più delle volte è lui a recarsi nella città di Alice. Lo fa anche con piacere, dal momento che la vede come un’occasione per visitare la città; e comunque, rispetto alla vita di provincia, la grande città consentirebbe alla coppia nascente di avere una più ampia scelta di attività da svolgere insieme.
Ciò nonostante, ogni volta che Stefano arriva a casa di Alice, trova una certa ignavia e una certa resistenza a qualsivoglia proposta di attività culturale. A ogni proposta di visitare un museo, una mostra, un palazzo storico, di andare a uno spettacolo teatrale, o anche solo al cinema, Alice risponde con freddezza proponendo per contro di stare in casa a guardare serie televisive oppure di fare un giro per negozi e centri commerciali. Il meccanismo perverso utilizzato da Alice è: “Dai, così compriamo qualcosa per te.” E ogni volta Stefano si trova a rientrare dal weekend romantico con una camicia nuova, un maglione nuovo, una cintura nuova… alcuni gentilmente donati da Alice, altri pagati da lui ma scelti rigorosamente da lei.
Stefano, che oltre essere molto innamorato è anche per sua indole aperto alla relazione e quindi anche disposto ad accettare comportamenti abbastanza lontani dal suo modo di vivere, sta al gioco e cerca pian piano di far emergere i punti di connessione tra i propri desideri e quelli della nuova partner. Chiaramente lo fa nella speranza che dall’altra parte vi sia più o meno la stessa intenzione e apertura. Pia illusione; davvero ingenuo aspettarsi apertura da una persona che mostra quel set di valori e che lancia tali segnali di superficialità e di rigidità.
Il comportamento di Alice è infatti palesemente chiuso ed egocentrico. Non c’è una minima attenzione ai desideri del partner e non c’è nemmeno un riconoscimento dello sforzo fatto da lui per cercare amorevolmente di assecondarla. La spinta di Alice verso l’acquisto di vestiti per lui non è affatto un gesto di affetto (come può sembrare), ma un tentativo di rendere Stefano più consono ai suoi canoni di stile e abbigliamento. Un pericoloso effetto Pigmalione, basato però più questioni estetiche che su questioni comportamentali (anche perché Stefano è sufficientemente maturo ed educato da non averne bisogno).
Tornando alla nostra amata metafora, il gioco si risolve nel far indossare a Stefano i costumi di corte, in modo che possa meglio “intonarsi” con gli arredi del castello e trasformarsi presto nel migliore dei cortigiani, nel preferito paggio di corte.
Un gioco così lontano da un’idea autentica di relazione non può che rompersi presto. E la rottura avviene la volta in cui Stefano si reca nella città di Alice in occasione del compleanno di lei; l’idea è di cenare da lei, alla presenza dei suoi familiari; occasione anche per una presentazione un po’ più ufficiale. Arrivato, Stefano trova Alice abbastanza nervosa e distaccata. Lui le ha portato un regalo e anche dei prodotti tipici della sua zona per la cena. Lei in realtà è più che altro interessata a mostragli il nuovo colore di capelli e il nuovo cappotto compratole da uno zio; e lascia il regalo in un angolo, ancora impacchettato.
Il sabotaggio è già in atto nella testa di Alice; e Stefano ha poco da fare, se non cercare di assecondarla per l’ennesima volta e sperare che il nervosismo sfumi da solo lasciando il campo a qualche slancio di empatia e affetto. Ma in prossimità della cena e dell’arrivo degli ospiti, lei si fa particolarmente intrattabile e inizia a fare osservazioni fuori luogo a Stefano. Lui, pur con grande amarezza in cuore, cerca di non far percepire il suo disagio e trascorre la cena con diplomazia e sorrisi di circostanza.
Gli ospiti se ne vanno, passa la notte e arriva la mattina successiva, senza che però Alice cerchi di rientrare in contatto emotivo con Stefano. La sua chiusura e rigidità rimangono e sembrano addirittura aumentate; lui capisce che è il momento di andarsene e non tornare più. Al momento dei saluti lei, cercando in qualche modo di dare una spiegazione a quel triste crollo del castello, gli dice il classico: “eh sai, siamo molto diversi.”. Lui se ne va pensando tra sé e sé: “sì, per fortuna”.
È passato molto tempo ormai e Stefano, quando ci troviamo per una birra dopo la palestra, ogni tanto trova ancora occasione di tornare sull’argomento. Ripensando a quei mesi, si accorge che di quella relazione (rivelatasi poi una pseudo-relazione) gli sono rimasti dei bei maglioni, delle belle camicie, un paio di occhiali da sole griffati, e tanti momenti emotivamente aridi.
Non so bene come l’abbia presa Alice, dato che non ho avuto modo di incontrarla dopo la loro rottura. Ma visto il personaggio, si sarà autoconvinta che è finita così perché semplicemente Stefano non era l’uomo adatto a lei, dato che non si era prestato a vestire i panni del paggio di corte e ad adeguarsi allo stile di vita del castello. E si sarà rimessa su Tinder per avviare nuovamente la “lotteria”.
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Una storia simile, sempre di valori distorti e di atteggiamento narcisistico e antirelazionale, vede come protagonista Alice, una donna “in carriera” di trentaquattro anni, brillante, autonoma, piacente; dotata di un certo potenziale emotivo ma troppo “centrata su se stessa” per poterlo esprimere.
Alice un giorno durante un meeting di lavoro incontra Stefano, un libero professionista di qualche anno più grande; e tra i due nasce subito intesa e forte attrazione. Iniziano quindi a frequentarsi per qualche mese.
Lei, come il protagonista della storia che ho raccontato poc’anzi, è abbastanza ossessionata dalla forma e, di converso, poco attenta alla sostanza delle cose. Molto concentrata sull’apparire (sia come lei deve apparire agli occhi degli altri, sia come gli altri appaiono ai suoi occhi), si gratifica con costante attività di shopping in negozi di abbigliamento e accessori, possibilmente di marca. Stefano al contrario è una persona molto più spontanea e informale, ma comunque educata, corretta, affidabile; con degli interessi più che altro di carattere culturale e di impegno sociale.
Nonostante queste differenze di approccio alla vita, i due trovano molti punti in comune e cercano di coltivare una relazione sana. In realtà, come vedremo, è più che altro Stefano a porsi in un atteggiamento di autentica apertura alla relazione.
Alice ha il privilegio di vivere in una delle città più belle d’Italia, meta turistica per milioni di persone ogni anno, in quanto piena di attrazioni culturali ineguagliabili. Stefano invece viene da un piccolo centro della provincia e, grazie a maggiore elasticità sul lavoro, si rende fin da subito disponibile a farsi carico lui di buona parte degli spostamenti; infatti nei circa quindici weekend su cui si estende la relazione, il più delle volte è lui a recarsi nella città di Alice. Lo fa anche con piacere, dal momento che la vede come un’occasione per visitare la città; e comunque, rispetto alla vita di provincia, la grande città consentirebbe alla coppia nascente di avere una più ampia scelta di attività da svolgere insieme.
Ciò nonostante, ogni volta che Stefano arriva a casa di Alice, trova una certa ignavia e una certa resistenza a qualsivoglia proposta di attività culturale. A ogni proposta di visitare un museo, una mostra, un palazzo storico, di andare a uno spettacolo teatrale, o anche solo al cinema, Alice risponde con freddezza proponendo per contro di stare in casa a guardare serie televisive oppure di fare un giro per negozi e centri commerciali. Il meccanismo perverso utilizzato da Alice è: “Dai, così compriamo qualcosa per te.” E ogni volta Stefano si trova a rientrare dal weekend romantico con una camicia nuova, un maglione nuovo, una cintura nuova… alcuni gentilmente donati da Alice, altri pagati da lui ma scelti rigorosamente da lei.
Stefano, che oltre essere molto innamorato è anche per sua indole aperto alla relazione e quindi anche disposto ad accettare comportamenti abbastanza lontani dal suo modo di vivere, sta al gioco e cerca pian piano di far emergere i punti di connessione tra i propri desideri e quelli della nuova partner. Chiaramente lo fa nella speranza che dall’altra parte vi sia più o meno la stessa intenzione e apertura. Pia illusione; davvero ingenuo aspettarsi apertura da una persona che mostra quel set di valori e che lancia tali segnali di superficialità e di rigidità.
Il comportamento di Alice è infatti palesemente chiuso ed egocentrico. Non c’è una minima attenzione ai desideri del partner e non c’è nemmeno un riconoscimento dello sforzo fatto da lui per cercare amorevolmente di assecondarla. La spinta di Alice verso l’acquisto di vestiti per lui non è affatto un gesto di affetto (come può sembrare), ma un tentativo di rendere Stefano più consono ai suoi canoni di stile e abbigliamento. Un pericoloso effetto Pigmalione, basato però più questioni estetiche che su questioni comportamentali (anche perché Stefano è sufficientemente maturo ed educato da non averne bisogno).
Tornando alla nostra amata metafora, il gioco si risolve nel far indossare a Stefano i costumi di corte, in modo che possa meglio “intonarsi” con gli arredi del castello e trasformarsi presto nel migliore dei cortigiani, nel preferito paggio di corte.
Un gioco così lontano da un’idea autentica di relazione non può che rompersi presto. E la rottura avviene la volta in cui Stefano si reca nella città di Alice in occasione del compleanno di lei; l’idea è di cenare da lei, alla presenza dei suoi familiari; occasione anche per una presentazione un po’ più ufficiale. Arrivato, Stefano trova Alice abbastanza nervosa e distaccata. Lui le ha portato un regalo e anche dei prodotti tipici della sua zona per la cena. Lei in realtà è più che altro interessata a mostragli il nuovo colore di capelli e il nuovo cappotto compratole da uno zio; e lascia il regalo in un angolo, ancora impacchettato.
Il sabotaggio è già in atto nella testa di Alice; e Stefano ha poco da fare, se non cercare di assecondarla per l’ennesima volta e sperare che il nervosismo sfumi da solo lasciando il campo a qualche slancio di empatia e affetto. Ma in prossimità della cena e dell’arrivo degli ospiti, lei si fa particolarmente intrattabile e inizia a fare osservazioni fuori luogo a Stefano. Lui, pur con grande amarezza in cuore, cerca di non far percepire il suo disagio e trascorre la cena con diplomazia e sorrisi di circostanza.
Gli ospiti se ne vanno, passa la notte e arriva la mattina successiva, senza che però Alice cerchi di rientrare in contatto emotivo con Stefano. La sua chiusura e rigidità rimangono e sembrano addirittura aumentate; lui capisce che è il momento di andarsene e non tornare più. Al momento dei saluti lei, cercando in qualche modo di dare una spiegazione a quel triste crollo del castello, gli dice il classico: “eh sai, siamo molto diversi.”. Lui se ne va pensando tra sé e sé: “sì, per fortuna”.
È passato molto tempo ormai e Stefano, quando ci troviamo per una birra dopo la palestra, ogni tanto trova ancora occasione di tornare sull’argomento. Ripensando a quei mesi, si accorge che di quella relazione (rivelatasi poi una pseudo-relazione) gli sono rimasti dei bei maglioni, delle belle camicie, un paio di occhiali da sole griffati, e tanti momenti emotivamente aridi.
Non so bene come l’abbia presa Alice, dato che non ho avuto modo di incontrarla dopo la loro rottura. Ma visto il personaggio, si sarà autoconvinta che è finita così perché semplicemente Stefano non era l’uomo adatto a lei, dato che non si era prestato a vestire i panni del paggio di corte e ad adeguarsi allo stile di vita del castello. E si sarà rimessa su Tinder per avviare nuovamente la “lotteria”.
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