Nei giorni scorsi è uscito un mio nuovo articolo sulle licenze open content, richiestomi dalla rivista online/newsletter Folio.net edita da Pearson e curata dal Professor Luca Serianni.
Ecco il testo integrale (la fonte originaria è all'indirizzo www.pearson.it/licenze-open-content).
INDICE SOMMARIO
1. Radici storiche del fenomeno
2. Il concetto di licenza e il meccanismo di licensing
3. Introduzione alle licenze Creative Commons
4. Come applicare una licenza Creative Commons alla propria opera
5. Come trovare opere sotto licenza Creative Commons
In tal caso egli può ricorrere all'applicazione di apposite licenze d'uso ispirate al modello che comunemente viene chiamato open content o copyleft, di cui le licenze Creative Commons rappresentano forse l'estrinsecazione più nota.
Negli anni novanta, con l'avvento di Internet e di tutto il fenomeno di creatività digitale e indipendente a esso connesso, si avvertì l'esigenza di sperimentare lo stesso modello anche al di là della creatività strettamente informatica. Iniziarono, quindi, a comparire le prime bozze di licenze per opere musicali, testuali, grafiche e fotografiche; lo stesso Progetto GNU predispose la Free Documentation License (FDL) pensata per rilasciare liberamente la documentazione informatica e successivamente utilizzata come prima licenza dell'enciclopedia libera Wikipedia.
Fu però solo con il nuovo millennio e con l'esplosione di Internet come fenomeno di massa che qualcuno pensò di redigere un set di licenze che potessero funzionare per tutti i tipi di opere creative (a esclusione del software) e che risultassero particolarmente intuitive e di facile utilizzo anche per i non esperti. Nacque così nel 2002 la prima versione delle licenze Creative Commons, oggi arrivate alla quarta versione e diventate in assoluto le licenze open content più utilizzate dal popolo dei creativi digitali.
Nonostante le licenze per contenuti liberi siano numerose, le licenze Creative Commons si stanno imponendo come il modello più conosciuto e diffuso, tant'è che molti progetti dediti alla promozione della cultura aperta sfruttano proprio queste licenze.
Genericamente, in ambito giuridico, con il termine licenza si indica un atto autorizzativo, la concessione di un permesso; ricordiamo infatti l'etimologia latina di licenza, da licēre che appunto significa “permettere”, “autorizzare”.
Nel diritto della proprietà intellettuale, una licenza è quindi l'atto con cui il titolare dei diritti esclusivi su un'opera (licenziante) concede il permesso di utilizzare l'opera stessa a un altro soggetto (licenziatario), stabilendo contestualmente una serie di limiti e condizioni. Il mancato rispetto di questi termini d'uso comporta la violazione del rapporto giuridico e quindi l'automatico venir meno dell'autorizzazione stessa. Nel modello open licensing, solo il licenziante è un soggetto definito, mentre il licenziatario è indefinito: cerchiamo ora di capire meglio in che senso. Il licenziante è normalmente colui che detiene i diritti sull'opera e solitamente è l'autore stesso oppure altro titolare dei diritti (come una casa editrice, un'etichetta discografica...). Egli, quando diffonde la sua opera, vi allega il testo della licenza d'uso e segnala in modo chiaro che chiunque volesse utilizzare l'opera dovrà semplicemente attenersi a quanto indicato nella licenza (oltre ovviamente a rispettare quanto più generalmente previsto dai principi del diritto d'autore). Questo “chiunque”, facendosi implicitamente parte del rapporto contrattuale, diventa così il licenziatario; si spiega ora perché poco sopra abbiamo parlato di un licenziatario indefinito.
In estrema sintesi possiamo quindi dire che la licenza rappresenta un permesso condizionato e concesso a priori per l'utilizzo dell'opera.
Attualmente le licenze Creative Commons sono sei e prendono il nome dalle clausole in esse contenute. In un ordine dalla più permissiva alla più restrittiva esse sono:
Riguardo alla prima parte (libertà), tutte le licenze consentono la copia e distribuzione dell’opera, precisando:
Questa clausola è presente di default in tutte le licenze. Essa indica che, ogni volta che utilizziamo l’opera, dobbiamo segnalare in modo chiaro chi è l’autore così da evitarne usi distorti.
Significa che, se distribuiamo copie dell’opera, non possiamo farlo in una maniera tale che sia prevalentemente intesa o diretta al perseguimento di un vantaggio commerciale o di un compenso monetario privato. Per farne tali usi, è necessario chiedere uno specifico permesso all’autore.
Quindi se vogliamo diffondere fare modifiche o rielaborazioni dell’opera, dobbiamo chiedere uno specifico permesso all’autore originario.
Questa clausola (un po’ come succede nell’ambito del software libero) garantisce che le libertà concesse dall’autore sull'opera originaria si mantengano anche sulle opere derivate da essa (e su quelle derivate dalle derivate, con un effetto a cascata).
Altra peculiarità di queste licenze è quella di essere espresse in tre diverse forme. La licenza vera e propria è detta Legal Code: è un testo abbastanza lungo, denso di concetti giuridici e tendenzialmente comprensibile da coloro che hanno una formazione di tipo giuridico. È questa la licenza che verrà esaminata dal giudice qualora emergesse una controversia legale sull’uso dell’opera licenziata. Tuttavia, Creative Commons ha pensato anche di riassumere i concetti essenziali delle licenze in versioni sintetiche (i cosiddetti Commons Deed) facili da capire anche per i semplici utenti e contraddistinte da efficaci icone che richiamano graficamente il senso delle clausole presenti. Inoltre, ogni licenza è contraddistinta da alcune righe di linguaggio informatico (il cosiddetto Digital Code) che fungono da metadati, ovvero da informazioni digitali da incorporare nei file delle opere, grazie alle quali i motori di ricerca sono in grado di individuare e riconoscere correttamente le opere che li contengono.
Oltre alle succitate sei licenze, Creative Commons mette a disposizione un apposito tool utilizzabile per rilasciare opere creative in un regime di pubblico dominio artificiale. Sappiamo infatti che normalmente un'opera dell'ingegno diventa di pubblico dominio quando sono scaduti i 70 anni dalla morte dell'autore o quando la legge prevede che il diritto d'autore non sia applicabile. Con lo strumento chiamato CC0 (CC Zero) l'autore di un'opera può decidere di rilasciarla fin da subito in una condizione di pubblico dominio; ciò avviene allegando all'opera il testo o il link (al pari di quanto avviene per le licenze) di un atto di rinuncia (waiver) con cui il detentore dei diritti d'autore si impegna pubblicamente e irrevocabilmente a non esercitarli.
La prassi più diffusa e consigliabile è quella di aggiungere un chiaro disclaimer con il nome esteso della licenza e l'indirizzo web in cui è disponibile il testo integrale della licenza. Nel caso di opere in formato digitale e diffuse tramite internet il tutto risulta particolarmente facile, dato che è sufficiente aggiungere una nota nella pagina web in cui “risiede” il file dell'opera creativa. Il sito ufficiale di Creative Commons offre un utile widget che, attraverso una serie di domande, guida l'utente nella scelta della licenza più opportuna e genera automaticamente il codice html con il disclaimer e il link alla licenza. Non solo; il codice fornito da Creative Commons ha anche la funzione di metatag, cioè inserisce nel codice sorgente della pagina web delle informazioni aggiuntive sul tipo di licenza scelta ma anche sull'autore e sul tipo di opera; queste informazioni, rispettando gli standard del cosiddetto “web semantico”, permettono ai motori di ricerca di reperire più facilmente ed efficacemente le opere.
Se invece l'opera viene distribuita su supporto fisico, il disclaimer può essere apposto dove normalmente si trovano i dati di edizione e produzione dell'opera; per esempio nel colophon di un libro, nel booklet di un CD musicale, nella cover di un DVD video.
Ci sono poi siti web che offrono servizi di hosting, pubblicazione e catalogazione di opere sotto licenze CC, quindi un'ulteriore alternativa è quella di cercare all'interno dei loro database. Gli esempi più noti sono Jamendo per le opere musicali, Flickr per le opere fotografiche, WikiBooks per libri e manuali, Wikimedia Commons più genericamente per immagini, filmati e testi.
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Questo articolo è rilasciato nei termini della licenza Creative Commons Attribution – Share Alike 4.0.
1. Radici storiche del fenomeno
L'idea di utilizzare lo strumento della licenza d'uso per “liberare” un'opera creativa dalle maglie del copyright nasce negli anni ottanta in ambito informatico e più precisamente in seno al Progetto GNU, inaugurato da Richard Stallman (ricercatore presso il MIT di Boston). In quegli anni il governo americano aveva approvato la legge che sottoponeva anche il software alla tutela del copyright, aprendo la strada all'industria del software proprietario e a codice sorgente chiuso. Il gruppo di hacker guidato da Stallman voleva invece trovare il modo di contrastare questa deriva, facendo sì che comunque vi fosse del software liberamente distribuibile, modificabile e corredato del codice sorgente (da cui “open source”). Da lì l'idea di redigere il testo della GNU General Public License (anche nota con l'acronimo GPL), capostipite delle licenze open, nonché tutt'oggi la licenza di software libero più utilizzata.Negli anni novanta, con l'avvento di Internet e di tutto il fenomeno di creatività digitale e indipendente a esso connesso, si avvertì l'esigenza di sperimentare lo stesso modello anche al di là della creatività strettamente informatica. Iniziarono, quindi, a comparire le prime bozze di licenze per opere musicali, testuali, grafiche e fotografiche; lo stesso Progetto GNU predispose la Free Documentation License (FDL) pensata per rilasciare liberamente la documentazione informatica e successivamente utilizzata come prima licenza dell'enciclopedia libera Wikipedia.
Fu però solo con il nuovo millennio e con l'esplosione di Internet come fenomeno di massa che qualcuno pensò di redigere un set di licenze che potessero funzionare per tutti i tipi di opere creative (a esclusione del software) e che risultassero particolarmente intuitive e di facile utilizzo anche per i non esperti. Nacque così nel 2002 la prima versione delle licenze Creative Commons, oggi arrivate alla quarta versione e diventate in assoluto le licenze open content più utilizzate dal popolo dei creativi digitali.
Nonostante le licenze per contenuti liberi siano numerose, le licenze Creative Commons si stanno imponendo come il modello più conosciuto e diffuso, tant'è che molti progetti dediti alla promozione della cultura aperta sfruttano proprio queste licenze.
2. Il concetto di licenza e il meccanismo di licensing
Per comprendere appieno il funzionamento delle licenze Creative Commons bisogna fare qualche considerazione generale sul concetto di licenza d'uso per opere creative e poi più specificamente su quello di licenza open content.Genericamente, in ambito giuridico, con il termine licenza si indica un atto autorizzativo, la concessione di un permesso; ricordiamo infatti l'etimologia latina di licenza, da licēre che appunto significa “permettere”, “autorizzare”.
Nel diritto della proprietà intellettuale, una licenza è quindi l'atto con cui il titolare dei diritti esclusivi su un'opera (licenziante) concede il permesso di utilizzare l'opera stessa a un altro soggetto (licenziatario), stabilendo contestualmente una serie di limiti e condizioni. Il mancato rispetto di questi termini d'uso comporta la violazione del rapporto giuridico e quindi l'automatico venir meno dell'autorizzazione stessa. Nel modello open licensing, solo il licenziante è un soggetto definito, mentre il licenziatario è indefinito: cerchiamo ora di capire meglio in che senso. Il licenziante è normalmente colui che detiene i diritti sull'opera e solitamente è l'autore stesso oppure altro titolare dei diritti (come una casa editrice, un'etichetta discografica...). Egli, quando diffonde la sua opera, vi allega il testo della licenza d'uso e segnala in modo chiaro che chiunque volesse utilizzare l'opera dovrà semplicemente attenersi a quanto indicato nella licenza (oltre ovviamente a rispettare quanto più generalmente previsto dai principi del diritto d'autore). Questo “chiunque”, facendosi implicitamente parte del rapporto contrattuale, diventa così il licenziatario; si spiega ora perché poco sopra abbiamo parlato di un licenziatario indefinito.
In estrema sintesi possiamo quindi dire che la licenza rappresenta un permesso condizionato e concesso a priori per l'utilizzo dell'opera.
3. Introduzione alle licenze Creative Commons
Come anticipato, le licenze Creative Commons sono licenze pensate per poter funzionare con tutti i tipi di opere creative e in modo da poter essere tradotte e adattate ai vari ordinamenti giuridici; inoltre la loro struttura si articola in clausole modulari che permettono all'autore di decidere quali usi consentire per la sua opera, a quali condizioni e in quali contesti: in poche parole, consentono all'autore di graduare la libertà di utilizzo dell'opera, chiarendone le condizioni.Attualmente le licenze Creative Commons sono sei e prendono il nome dalle clausole in esse contenute. In un ordine dalla più permissiva alla più restrittiva esse sono:
- Attribuzione;
- Attribuzione - Condividi allo stesso modo;
- Attribuzione - Non opere derivate;
- Attribuzione - Non commerciale;
- Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo;
- Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate.
Riguardo alla prima parte (libertà), tutte le licenze consentono la copia e distribuzione dell’opera, precisando:
Tu sei libero di condividere, riprodurre, distribuire, comunicare al pubblico, esporre in pubblico, rappresentare, eseguire e recitare questo materiale con qualsiasi mezzo e formato.Solo alcune invece consentono anche di fare modifiche e rielaborazioni dell'opera (cioè di realizzare “opere derivate”), precisando:
Tu sei libero di modificare, remixare, trasformare il materiale e basarti su di esso per le tue opere.Riguardo alla seconda parte (le condizioni imposte), bisogna notare che le licenze Creative Commons si articolano in quattro clausole base, che l’autore può scegliere e combinare a seconda delle sue esigenze. Vediamole nel dettaglio.
Questa clausola è presente di default in tutte le licenze. Essa indica che, ogni volta che utilizziamo l’opera, dobbiamo segnalare in modo chiaro chi è l’autore così da evitarne usi distorti.
Significa che, se distribuiamo copie dell’opera, non possiamo farlo in una maniera tale che sia prevalentemente intesa o diretta al perseguimento di un vantaggio commerciale o di un compenso monetario privato. Per farne tali usi, è necessario chiedere uno specifico permesso all’autore.
Quindi se vogliamo diffondere fare modifiche o rielaborazioni dell’opera, dobbiamo chiedere uno specifico permesso all’autore originario.
Questa clausola (un po’ come succede nell’ambito del software libero) garantisce che le libertà concesse dall’autore sull'opera originaria si mantengano anche sulle opere derivate da essa (e su quelle derivate dalle derivate, con un effetto a cascata).
Altra peculiarità di queste licenze è quella di essere espresse in tre diverse forme. La licenza vera e propria è detta Legal Code: è un testo abbastanza lungo, denso di concetti giuridici e tendenzialmente comprensibile da coloro che hanno una formazione di tipo giuridico. È questa la licenza che verrà esaminata dal giudice qualora emergesse una controversia legale sull’uso dell’opera licenziata. Tuttavia, Creative Commons ha pensato anche di riassumere i concetti essenziali delle licenze in versioni sintetiche (i cosiddetti Commons Deed) facili da capire anche per i semplici utenti e contraddistinte da efficaci icone che richiamano graficamente il senso delle clausole presenti. Inoltre, ogni licenza è contraddistinta da alcune righe di linguaggio informatico (il cosiddetto Digital Code) che fungono da metadati, ovvero da informazioni digitali da incorporare nei file delle opere, grazie alle quali i motori di ricerca sono in grado di individuare e riconoscere correttamente le opere che li contengono.
Oltre alle succitate sei licenze, Creative Commons mette a disposizione un apposito tool utilizzabile per rilasciare opere creative in un regime di pubblico dominio artificiale. Sappiamo infatti che normalmente un'opera dell'ingegno diventa di pubblico dominio quando sono scaduti i 70 anni dalla morte dell'autore o quando la legge prevede che il diritto d'autore non sia applicabile. Con lo strumento chiamato CC0 (CC Zero) l'autore di un'opera può decidere di rilasciarla fin da subito in una condizione di pubblico dominio; ciò avviene allegando all'opera il testo o il link (al pari di quanto avviene per le licenze) di un atto di rinuncia (waiver) con cui il detentore dei diritti d'autore si impegna pubblicamente e irrevocabilmente a non esercitarli.
4. Come applicare una licenza Creative Commons alla propria opera
Abbiamo già spiegato che il principio di fondo è semplicemente quello di “allegare” la licenza all'opera, in modo che l'utilizzatore possa essere messo in condizione di conoscere le libertà concesse dal licenziante nonché le relative condizioni.La prassi più diffusa e consigliabile è quella di aggiungere un chiaro disclaimer con il nome esteso della licenza e l'indirizzo web in cui è disponibile il testo integrale della licenza. Nel caso di opere in formato digitale e diffuse tramite internet il tutto risulta particolarmente facile, dato che è sufficiente aggiungere una nota nella pagina web in cui “risiede” il file dell'opera creativa. Il sito ufficiale di Creative Commons offre un utile widget che, attraverso una serie di domande, guida l'utente nella scelta della licenza più opportuna e genera automaticamente il codice html con il disclaimer e il link alla licenza. Non solo; il codice fornito da Creative Commons ha anche la funzione di metatag, cioè inserisce nel codice sorgente della pagina web delle informazioni aggiuntive sul tipo di licenza scelta ma anche sull'autore e sul tipo di opera; queste informazioni, rispettando gli standard del cosiddetto “web semantico”, permettono ai motori di ricerca di reperire più facilmente ed efficacemente le opere.
Se invece l'opera viene distribuita su supporto fisico, il disclaimer può essere apposto dove normalmente si trovano i dati di edizione e produzione dell'opera; per esempio nel colophon di un libro, nel booklet di un CD musicale, nella cover di un DVD video.
5. Come trovare opere sotto licenza Creative Commons
Ora che abbiamo spiegato il sistema di metatag utilizzato da Creative Commons è più facile comprendere che non esiste un vero e proprio database di opere sotto licenza CC e che al contrario esse si trovano sparse nell'oceano di Internet. Semplicemente, se il licenziante ha proceduto correttamente, un qualsiasi motore di ricerca impostato per essere sensibile ai metatag potrà trovare l'opera che stiamo cercando secondo le caratteristiche (anche di licenza) che desideriamo. Per esempio, lo stesso Google in modalità “Ricerca Avanzata” offre un'opzione di ricerca basata sui diritti di utilizzo. In alternative è possibile utilizzare i motori predisposti specificamente da Creative Commons oppure quello realizzato da Creative Commons Corea.Ci sono poi siti web che offrono servizi di hosting, pubblicazione e catalogazione di opere sotto licenze CC, quindi un'ulteriore alternativa è quella di cercare all'interno dei loro database. Gli esempi più noti sono Jamendo per le opere musicali, Flickr per le opere fotografiche, WikiBooks per libri e manuali, Wikimedia Commons più genericamente per immagini, filmati e testi.
Per approfondire
Per un più ampio inquadramento teorico del fenomeno si consiglia la lettura del libro Cultura libera. Un equilibrio fra anarchia e controllo, contro l'estremismo della proprietà intellettuale, disponibile liberamente online.
Per un quadro più completo sull'utilizzo delle licenze Creative Commons si consiglia la lettura del libro Creative Commons: manuale operativo, disponibile liberamente online.
Questo articolo è rilasciato nei termini della licenza Creative Commons Attribution – Share Alike 4.0.
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