Nel marzo 2009, per il tramite dell'associazione AICA, sono entrato in contatto con la casa editrice Franco Angeli per pianificare l'uscita di un libro dedicato agli standard aperti in ambito informatico: il mio "Apriti standard! Interoperabilità e formati aperti per l'innovazione tecnologica".
Il primo contatto si svolse proprio presso gli uffici di AICA alla presenza del direttore di AICA e di ben due responsabili editoriali di FrancoAngeli. Già in quella sede io feci presente della necessità di applicare una licenza Creative Commons al libro, sia per una questione di coerenza intellettuale con i temi trattati nell'opera, sia perché essa incorporava alcuni paragrafi da fonti sotto licenza "Share Alike" (e che quindi richiedevano il mantenimento della licenza).
Da quel momento io ho iniziato a lavorare al libro trovando però da parte della casa editrice un atteggiamento poco trasparente nella gestione delle trattative contrattuali. Nonostante io più volte avessi chiesto di incontrarci per formalizzare il contratto di edizione e avessi io stesso apportato delle modifiche alla loro bozza (essendo io un legale che si occupa proprio di proprietà intellettuale), ho sempre ricevuto risposte evasive mirate a procrastinare la stipula, basate su motivazioni insussistenti, ma nello stesso tempo infarcite di rassicurazioni (come ad esempio "siamo convinti che potremo trovare un accordo che preveda il riconoscimento delle giuste royalties e al contempo l'applicazione della licenza Creative Commons”).
Ingenuamente ho cercato di avere pazienza, anche perché sarebbe stato un bel traguardo vedere un mio libro sotto licenza Creative Commons uscire per i tipi di una casa editrice importante. Ma ho imparato sulla mia pelle che "importante" non significa sempre "affidabile e seria". Questa situazione si è infatti protratta per più di un anno. E voi potete ben capire come su temi tecnico-informatici tale ritardo comporti un continuo aggiornamento dei contenuti.
La cosa più singolare è che Franco Angeli aveva già da un po' attribuito un codice ISBN al mio libro e realizzato una bozza di copertina, e soprattutto diffuso il titolo dell'opera legato al mio nome nei vari database della distribuzione libraria. Tant'è che da qualche parte della rete, se cercate il libro, lo trovate ancora come pubblicato da Franco Angeli. Cosa che non è mai avvenuta e che mi crea un certo danno, perché crea confusione agli occhi delle librerie e dei distributori. Ad ogni modo, quella mi sembrava comunque una buona prova delle loro serie intenzioni e mi ha fatto avere pazienza; ahimè mi sbagliavo.
A quanto mi è sembrato di capire, è mancato un coordinamento interno nella casa editrice, per cui coloro che si rapportavano con me pensavano di poter fare cose (come concedermi l'applicazione della licenza CC) che nei piani alti invece erano assolutamente fuori luogo per le policy dell'azienda. Un problema loro, non mio, dato che le persone con cui mi rapportavo avevano un ruolo sufficiente per rappresentare e quindi impegnare giuridicamente l'azienda.
Arrivato allo sfinimento, nel giugno del 2010 (15 mesi più in là) mi sono trovato costretto ad atteggiarmi non più da semplice autore e divulgatore ma da avvocato di me stesso e inviare una chiara raccomandata di messa in mora. Anche quella non ha sortito alcun effetto e quindi ho dovuto attivarmi per trovare un'altra casa editrice e soprattutto per non perdere la sponsorizzazione che AICA fin dall'inizio si era gentilmente offerta di fornire al progetto.
Il libro è infatti poi uscito per Ledizioni nell'ottobre 2010, ma nel frattempo avevo preso la decisione di far valere i miei diritti in sede giudiziale con una causa di responsabilità precontrattuale. Non poteva essere diversamente: il contratto di edizione non era stato stipulato ed esisteva solo prova delle lunghe improficue trattative.
La causa è durata quattro anni: l'atto di citazione è stato notificato ad ottobre 2010 e la sentenza è arrivata il 19 dicembre 2014. Questa è la tristezza della giustizia civile italiana. E ora potete infatti verificare che la mia ricostruzione dei fatti è stata interamente recepita dal giudice all'interno della sentenza (leggi il testo della sentenza).
Devo ammettere che la decisione non mi lascia del tutto soddisfatto perché il giudice non ha ritenuto sufficientemente provata l'entità del danno da me subito e ha compensato le spese processuali (scelta che reputo un grave errore e che sarebbe sufficiente per procedere in appello). Tuttavia mi resta la simbolica soddisfazione di aver ottenuto il riconoscimento della piena responsabilità precontrattuale a carico di Franco Angeli per il suo atteggiamento nella gestione delle trattative. Su questo aspetto sono certo che la sentenza servirà da monito per molti editori che hanno atteggiamenti poco corretti nei confronti degli autori.
Non solo: la sentenza, pur non essendo una sentenza in materia di proprietà intellettuale, si pone come il primo caso in Italia in cui un giudice si occupa dell'applicazione delle licenze Creative Commons e lo fa mostrando nelle argomentazioni inserite in sentenza di aver compreso appieno i meccanismi che le governano.
Infine, grazie all'avvocato di controparte, ho rispolverato un termine che credevo caduto in disuso: "adamantino". Adamantino, cioè chiaro come un diamante, secondo il prestigioso e altisonante studio legale che mi sono trovato davanti in questi anni, doveva essere il fatto che le trattative erano state interrotte da me e non da loro... così adamantino che il giudice ha stabilito esattamente il contrario, dicendo - questa volta in modo davvero adamantino - che "deve essere affermata la responsabilità precontrattuale ex art. 1337 codice civile in capo alla convenuta [Franco Angeli Srl], per la sussistenza di tutti i presupposti costituitivi."
Per approfondire, vi ricordo che il sito IusInAction ha pubblicato un ottimo commento alla sentenza. Eccolo: "Licenze Creative Commons: i giudici le capiscono, gli editori un po’ meno"
Commenti
Complimenti per la costanza e la coerenza!