Il sacro diritto a criticare e lamentarsi. Se una cosa non vi va, sentitevi liberi di incazzarvi

In rete si stanno diffondendo articoli e post vari che sostengono una filosofia a mio avviso aberrante che potremmo riassumere in questi due enunciati:
1) vietato criticare qualcosa/qualcuno senza dimostrare di saper fare di meglio; (un esempio)
2) vietato lamentarsi di qualcosa senza prima aver trovato una soluzione alternativa.
Queste sedicenti regole di vita si fondano sul principio secondo cui bisogna pensare in ottica proattiva e risolutiva; diversamente è meglio tacere e non ammorbare gli altri con le proprie doglianze. Un principio che parte dal presupposto (totalmente infondato) che ciascuno sia davvero l'unico artefice del suo destino, come se i fattori sociali, culturali, economici non influissero. Dunque, sostanzialmente, secondo questo approccio, se sei in una situazione che non ti soddisfa è solo colpa tua e puoi lamentarti solo della tua inettitudine e della tua incapacità di adattarti e risolvere concretamente i problemi.
Dal canto mio, invece, io rivendico il mio sacro e intoccabile diritto a criticare e a lamentarmi senza sentirmi obbligato a dover trovare soluzioni e senza dovermi sentire in colpa in qualche modo. Se una situazione non mi soddisfa pienamente, voglio sentirmi libero di farlo notare, magari spiegando le motivazioni ma non necessariamente proponendo le soluzioni. Specialmente quando la situazione di cui mi lamento non l'ho creata io e il suo cambiamento difficilmente può dipendere soltanto da me. Credo esistano persone brave a "fare" e quindi a risolvere i problemi e persone brave a notare e far notare i problemi. Non è detto che una persona debba sempre fare entrambe le cose. Chi l'ha detto?! Dove sta scritto?!
Sarò un conservatore, ma credo ancora che lo spirito critico sia una dote e serva sempre e comunque al miglioramento. A fare le grandi rivoluzioni sono stati i criticoni e i lamentoni; quindi se una cosa non va, ditelo senza remore e senza sentirvi obbligati ad offrire alternative. Conosco un sacco di gente che di lavoro "critica" e si lamenta; si chiamano ricercatori e intellettuali. E ne abbiamo un gran bisogno.
L'approccio del "tutto dipende da te" è ad esempio molto diffuso tra gli psicoterapeuti... anche perché a ben vedere è un modo per giustificare la loro utilità (d'altronde la psicoterapia non può che agire sulla persona e non sui fattori esterni alla persona; quindi il primo passo è convincere il paziente che lui ha in mano davvero le sorti del percorso che sta affrontando). E adesso si sta diffondendo anche tra esperti di innovazione, tra consulenti di impresa, tra i formatori... Un settore che frequento e in cui a volte sento fare ragionamenti davvero miopi, che non tengono conto di aspetti fondamentali come il contesto sociale, il contesto economico, l'estrazione culturale, l'ambiente famigliare... come se la psiche umana funzionasse a compartimenti stagni.
Credo che questa insensata regola di vita del "non criticare/non lamentarti (perché altrimenti dimostri già di essere un perdente)" trovi fondamento in teorie pseudo-scientifiche che prendono e miscelano (a caso) elementi dalla psicologia, dalle scienze della formazione, dall'economia, dalla sociologia, e che si esprimono in libri e corsi mirati - secondo loro - a sviluppare le potenzialità delle persone. Cose tipo corsi di leadership, corsi di potenziamento mentale, corsi di motivazione, programmazione neuro linguistica, corsi per diventare ottimi venditori, camminare sui carboni ardenti per sentirsi invincibili, e altre simili bizzarrie; immagino ne abbiate sentito parlare. Cose che risultano anche interessanti e affascinanti (e ve lo dice uno che ne ha avuto esperienza diretta) ma che hanno un mostruoso limite di fondo: propongono soluzioni e metodologie uguali per tutti senza considerare che invece la psiche umana è quanto di più complesso la natura potesse creare e che quindi non esiste una psiche uguale ad un'altra. In altre parole, se uno non ha una personalità da leader difficilmente lo sarà, specie se inizia a porsi il problema vicino ai 30 anni, cioè quando normalmente si inizia ad impattare con queste dinamiche e quando la nostra personalità è già ben formata. E se proprio vuole provare a diventarlo, avrà bisogno di un lavoro di coaching tagliato sul suo singolo caso, e non sarà certo un corso intensivo di due giorni a portare il grande cambiamento.
Se leggete libri di questi pseudo-guru non vi dico di buttarli nel cesso (alcuni sì, ne avrebbero bisogno); ma di leggerli come si legge un qualunque saggio, cogliendo il buono che ci può dare, riflettendo sugli spunti, ma senza minimamente lasciarci abbagliare dalle (pseudo)soluzioni che vengono proposte come assolute. Lo stesso vale per i blog di sedicenti "guru delle start up", che nella maggior parte dei casi applicano dei criteri generalizzati e principalmente ispirati al marketing, a volte applicando i principi del marketing anche agli esseri umani, facendovi credere che se la vostra psiche si sente a disagio per una situazione economica sfavorevole o per le difficoltà in campo lavorativo è solo perché vi sta sabotando. Resistete alla tentazione di credere a questa gente; e, se una sistema che non avete creato voi vi fa star male, INCAZZATEVI. E fatelo senza sentirvi in colpa e senza sentirvi obbligati a proporre soluzioni.

PS: commenti critici, lamentosi, e incazzosi saranno graditi (ovviamente nei limiti del buon senso e della buona educazione).

Commenti

Anonimo ha detto…
parole sante. Conosco però persone che per aver criticato costruttivamente hanno perso il lavoro ed adesso non se la passano poi tanto bene.
Anonimo ha detto…
Che balsamo le tue parole! hai dato voce ai miei pensieri oramai inespressi.