Ripropongo qui un articolo che ho scritto l'anno scorso per LaLeggePerTutti e che risulta ancora molto attuale.
- - - - - - - - - - - - - -
Tra le cose assurde di cui anche gli avvocati “para-subordinati” sono tenuti a farsi carico, due sono quelle che sfiorano il paradossale: l’assicurazione sulla responsabilità professionale e l’installazione del dispositivo POS.
Abbiamo già visto quali e quante sono le spese imposte dalla legge agli avvocati, tra cui alcune davvero bizzarre. Tra queste ve ne sono alcune di cui anche gli avvocati “para-subordinati” (categoria di cui si è parlato in un precedente articolo) sono tenuti a farsi carico ma che nel loro caso sfiorano il paradossale: l’assicurazione sulla responsabilità professionale e l’installazione del dispositivo POS per i pagamenti con carte elettroniche.
Mettiamo subito in chiaro che con il termine “para-subordinati” intendiamo tutti coloro che, pur essendo formalmente liberi professionisti (iscritti all’albo e dotati di partita IVA), lavorano di fatto alle dipendenze di uno studio associato o comunque di un altro avvocato. Costoro non hanno mai avuto, né mai l’avranno un rapporto diretto con il cliente: il titolare del mandato professionale è e sempre sarà il loro “datore di lavoro”, il quale, tranne in casi eccezionali, è anche il firmatario di tutti gli atti di causa, della corrispondenza con controparte, della documentazione, ecc. Dunque è quest’ultimo ad assumersi ogni responsabilità professionale e, soprattutto, è lui ad emettere parcella verso il cliente e a ricevere il relativo pagamento.
Ci si chiede, quindi, che senso abbia che anche gli avvocati-collaboratori siano dotati della polizza assicurativa e a maggior ragione di un apparecchio POS.
Eppure la lettera delle norme in questione non fa alcuna distinzione in merito al tipo di attività svolta dal professionista e impone che, con la mera iscrizione all’albo, ci si debba “attrezzare” in tal senso.
Ancora una volta si conferma l’esigenza di fare le debite distinzioni e riconoscere, una volta per tutte, anche a livello normativo, una situazione di fatto ormai conclamata. E ciò potrà realizzarsi solo creando un’apposita categoria simile ai “paralegal” del sistema anglo-americano, alla quale siano imposti meno obblighi e offerte maggiori garanzie contrattuali e previdenziali.
- - - - - - - - - - - - - -
Tra le cose assurde di cui anche gli avvocati “para-subordinati” sono tenuti a farsi carico, due sono quelle che sfiorano il paradossale: l’assicurazione sulla responsabilità professionale e l’installazione del dispositivo POS.
Abbiamo già visto quali e quante sono le spese imposte dalla legge agli avvocati, tra cui alcune davvero bizzarre. Tra queste ve ne sono alcune di cui anche gli avvocati “para-subordinati” (categoria di cui si è parlato in un precedente articolo) sono tenuti a farsi carico ma che nel loro caso sfiorano il paradossale: l’assicurazione sulla responsabilità professionale e l’installazione del dispositivo POS per i pagamenti con carte elettroniche.
Mettiamo subito in chiaro che con il termine “para-subordinati” intendiamo tutti coloro che, pur essendo formalmente liberi professionisti (iscritti all’albo e dotati di partita IVA), lavorano di fatto alle dipendenze di uno studio associato o comunque di un altro avvocato. Costoro non hanno mai avuto, né mai l’avranno un rapporto diretto con il cliente: il titolare del mandato professionale è e sempre sarà il loro “datore di lavoro”, il quale, tranne in casi eccezionali, è anche il firmatario di tutti gli atti di causa, della corrispondenza con controparte, della documentazione, ecc. Dunque è quest’ultimo ad assumersi ogni responsabilità professionale e, soprattutto, è lui ad emettere parcella verso il cliente e a ricevere il relativo pagamento.
Ci si chiede, quindi, che senso abbia che anche gli avvocati-collaboratori siano dotati della polizza assicurativa e a maggior ragione di un apparecchio POS.
Eppure la lettera delle norme in questione non fa alcuna distinzione in merito al tipo di attività svolta dal professionista e impone che, con la mera iscrizione all’albo, ci si debba “attrezzare” in tal senso.
Ancora una volta si conferma l’esigenza di fare le debite distinzioni e riconoscere, una volta per tutte, anche a livello normativo, una situazione di fatto ormai conclamata. E ciò potrà realizzarsi solo creando un’apposita categoria simile ai “paralegal” del sistema anglo-americano, alla quale siano imposti meno obblighi e offerte maggiori garanzie contrattuali e previdenziali.
Commenti