Negli ultimi mesi mi sono reso conto dell’ottimo lavoro
fatto da tanti Colleghi nella realizzazione di numerose guide pratiche al
processo civile telematico.
A. L’atto del processo in forma di documento informatico rispetta i seguenti requisiti:
B. La struttura del documento firmato è CAdES; il certificato di firma è inserito nella busta crittografica La modalità di apposizione della firma digitale o della firma elettronica qualificata è del tipo “firme multiple indipendenti” o parallele, e prevede che uno o più soggetti firmino, ognuno con la propria chiave privata, lo stesso documento (o contenuto della busta). L’ordine di apposizione delle firme dei firmatari non è significativo e un’alterazione dell’ordinamento delle firme non pregiudica la validità della busta crittografica; il file generato si presenta con un’unica estensione p7m. Il meccanismo qui descritto è valido sia per l’apposizione di una firma singola che per l’apposizione di firme multiple.”
Per tali ragioni è quindi consigliabile depositare almeno la
sera prima del giorno di scadenza per il deposito, se non addirittura uno o due
giorni in anticipo.
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Un articolo dell'Avv. Luca Sileni, rilasciato con licenza CC by-sa (vedi fonte originari e licenza).
Manuali, quindi, dal taglio decisamente pratico e volti a
far prendere dimestichezza all’Avvocato con gli strumenti informatici necessari
alla partecipazione attiva al processo in forma digitale.
Queste guide, che fra l’altro anche io sto – nel mio piccolo
– cercando di realizzare, hanno il pregio di introdurre con semplicità il
professionista del diritto ad un mondo tutto nuovo, fatto di tecnologia,
termini informatici, formati di trasmissione dati etc…
Confrontandomi con altri Colleghi del mio Foro, però, mi
sono reso conto che vi è una grande voglia di conoscere il “come si fa” a
scapito molto spesso del “perché lo si fa”.
Questo articolo, benché ancora una volta orientato a dare
delle informazioni di base ai professionisti del diritto su quali cambiamenti
porterà l’avvento del PCT, cercherà quindi di tenere d’occhio la normativa di
riferimento, evidenziando eventuali problematiche giuridiche già emerse in
questi anni di sperimentazione.
Veniamo ai cambiamenti con i quali dovremo convivere a
partire dal 30 giugno 2014.
1) Cosa avremo l’obbligo di depositare digitalmente
Come sappiamo a partire da tale data, “nei procedimenti
civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, innanzi al tribunale, il
deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle
parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità
telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la
sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici.”
(legge di stabilità 2013).
L’obbligatorietà del deposito telematico è estesa anche ai
procedimenti monitori, alle procedure esecutive (con l’eccezione dell’atto di
pignoramento) ed alle procedure concorsuali (già parzialmente telematizzate a
seguito della riforma della legge fallimentare).
A partire dal 30 giugno 2014 dovremo quindi obbligatoriamente
depositare in forma digitale tutti gli atti civili successivi alla costituzione
in giudizio, quali, ad esempio, le memorie 183 e le comparse conclusionali.,
restando pertanto esclusi gli atti di citazione (e più in generale gli atti
introduttivi del giudizio) e la comparsa di costituzione e risposta che, a
differenza della citazione, potrà però essere depositata digitalmente benché
non in via obbligatoria.
A queste tipologie di atto si aggiungeranno poi tutti i
ricorsi per decreto ingiuntivo depositati dinanzi al tribunale (ricordo che per
adesso i Giudici di Pace sono esclusi dal procedimento di digitalizzazione dei
fascicoli) e gli atti da depositarsi nelle procedure esecutive.
La legge di stabilità 2013, però, oltre a dirci “cosa”
dovremo obbligatoriamente depositare in via telematica dopo il 30 giugno 2014,
ci ricorda anche “come” dovremo farlo, ossia, “….nel rispetto della normativa
anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la
ricezione dei documenti informatici….”
A quale normativa si fa riferimento ?
Sostanzialmente ad una pluralità di norme:
- Il D.M. 44/2011
- Il Codice dell’Amministrazione Digitale - Decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82
- Il provvedimento 18 luglio 2011 – Specifiche tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione
- Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 febbraio 2013 - Regole tecniche in materia di generazione, apposizione e verifica delle firme elettroniche avanzate, qualificate e digitali, ai sensi degli articoli 20, comma 3, 24, comma 4, 28, comma 3, 32, comma 3, lettera b), 35, comma 2, 36, comma 2, e 71.
...oltre ad ulteriore normativa di rimando.
Questa serie di provvedimenti normativi serve
sostanzialmente a dirci “come” dovremo depositare i nostri atti telematici.
2) Come avremo l’obbligo di depositare i nostri atti
Se antecedentemente all’introduzione del PCT l’unica forma
di deposito degli atti di causa era quella analogica, con l’inserimento delle
tecnologie digitali all’interno del processo civile il legislatore ha dovuto
fare i conti con molte problematiche sia di ordine pratico che di ordine
giuridico.
Nessun problema, infatti, vi era con la sottoscrizione
analogica degli atti, posto che (per dirla con una battuta) al cambiare della
penna usata per la sottoscrizione certamente non sarebbe mutata la valenza
della firma.
Nell’ambito delle sottoscrizioni digitali, invece,
esistevano (ed esistono) una pluralità di così dette “firme elettroniche” cui
la legge – in particolare il CAD – conferiscono diverso valore giuridico.
Per la sottoscrizione degli atti digitali, quindi, si è
scelto di adottare la “firma digitale”, una particolare tipologia di firma
elettronica avanzata che garantisce particolari standard di sicurezza
sull’identificazione e immutabilità del soggetto firmatario.
Il legislatore, però, non solo ha scelto quale tipologia di
firma elettronica utilizzare nel processo civile telematico, ma ne ha indicato
anche il formato, ossia, il CADES (identificato dall’estensione .P7M).
Questo formato non è l’unico esistente in ambito di firma
digitale ne esistono molti altri fra cui – i più famosi e comunque parzialmente
riconosciuti nel nostro paese – il PADES e lo XADES.
Il PADES (assieme al nostro CADES p7m) è decisamente il più
diffuso ed ha la peculiarità di permettere la creazione – assieme al codice
digitale che rappresenta la vera e propria firma – anche di una firma “per
immagine” da apporre direttamente sul documento che si va a firmare.
Il sistema CADES, invece, inserisce il documento originale
(poniamo prova.pdf) all’interno di una busta virtuale che viene sottoscritta
digitalmente, mutando l’estensione del file originale (che diverrà
prova.pdf.p7m) e lasciando tale firma invisibile. Per il controllo della firma
sul documento sarà quindi necessario avvalersi di un software apposito (per un
approfondimento sul punto vi rimando all'articolo "la verifica della firma
digitale").
A prescrivere questo formato come l’unico idoneo al deposito
degli atti per via telematica è il Provvedimento 18 luglio 2011 - Specifiche
tecniche per l'adozione nel processo civile e nel processo penale delle
tecnologie dell'informazione e della comunicazione” che all’art. 12 recita:
A. L’atto del processo in forma di documento informatico rispetta i seguenti requisiti:
a. è in formato PDF;b. è privo di elementi attivi;c. è ottenuto da una trasformazione di un documento testuale, senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti; non è pertanto ammessa la scansione di immagini;d. è sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata esterna, pertanto il file ha la seguente denominazione:.pdf.p7m; e. è corredato da un file in formato XML, che contiene le informazioni strutturate nonché tutte le informazioni della nota di iscrizione a ruolo, e che rispetta gli XSD riportati nell’Allegato 5; esso è denominato DatiAtto.xml ed è sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata.
B. La struttura del documento firmato è CAdES; il certificato di firma è inserito nella busta crittografica La modalità di apposizione della firma digitale o della firma elettronica qualificata è del tipo “firme multiple indipendenti” o parallele, e prevede che uno o più soggetti firmino, ognuno con la propria chiave privata, lo stesso documento (o contenuto della busta). L’ordine di apposizione delle firme dei firmatari non è significativo e un’alterazione dell’ordinamento delle firme non pregiudica la validità della busta crittografica; il file generato si presenta con un’unica estensione p7m. Il meccanismo qui descritto è valido sia per l’apposizione di una firma singola che per l’apposizione di firme multiple.”
Questo importantissimo articolo reca con se molte altre
informazioni importanti:
A) Innanzitutto l’atto principale che viene inserito nella busta telematica deve essere un pdfB) Che tale pdf non deve però essere stato creato attraverso un processo di acquisizione per immagine (scannerizzazione) ma ottenuto attraverso la trasformazione di un file testualeC) Che il file in questione è sottoscritto con firma digitale in formato CADES ed ha quindi la denominazione nomelibero.pdf.p7mD) Che il documento è corredato da un file in formato .xml che dovrà riportare le medesime informazioni (in formato strutturato) presenti all’interno del nostro atto digitale, nonché le eventuali informazioni presenti nella nota di iscrizione a ruolo
Tali prescrizioni fanno chiaramente emergere la volontà del
legislatore di sveltire le procedure di formazione e aggiornamento dei
fascicoli digitali, nonché quelle di produzione degli atti giudiziari.
Il file datiatto.xml, infatti, non fa altro che permettere
al sistema giustizia di acquisire automaticamente i dati del procedimento senza
la necessità di un inserimento manuale da parte del Cancelliere. I dati
inseriti in questo file (che come detto devono essere identici a quelli
inseriti nell’atto principale) verranno acquisiti in modo automatico dai
sistemi informatici ministeriali ed utilizzati per la creazione e per
l’aggiornamento del fascicolo.
Vi preciso che il file viene solitamente creato dal software
di redazione della busta telematica alla fine della procedura di inserimento
dei dati.
Allo stesso modo l’obbligatorietà di utilizzare un pdf
testuale per redigere e depositare il nostro atto digitale fa chiaramente
emergere la volontà di poter “lavorare” sul file presente nel fascicolo
virtuale, ad esempio facendo copia incolla delle nostre conclusioni all’interno
della sentenza del Giudice.
Il deposito di un pdf in formato immagine, infatti, non
permetterebbe operazioni di questo tipo, poiché il testo presente nel file di
riferimento non sarebbe riconosciuto dal sistema come vero e proprio testo ma
come semplice parte di un’immagine.
3) Cosa possiamo/dobbiamo allegare
Oltre a redigere e sottoscrivere il nostro atto digitale con
i classici strumenti che siamo abituati ad utilizzare (redattore testi),
dovremo provvedere ad allegare tutta una serie di documenti, alcuni obbligatori
altri facoltativi, che sono solitamente indicati come:
- Allegati obbligatori
- Allegati semplici
Gli allegati obbligatori varieranno a seconda della
tipologia di atto che dovremo andare a depositare, e non differiranno dai
normali allegati cartacei che siamo abituati a depositare assieme ai nostri
atti difensivi.
Prendendo ad esempio il ricorso per decreto ingiuntivo
dovremo obbligatoriamente allegare:
- Il file datiatto.xml firmato digitalmente (che come abbiamo appena detto viene creato automaticamente dal software di redazione della busta);
- La procura alle liti scannerizzata e sottoscritta digitalmente (in questo caso la procura dovrà essere stampata, sottoscritta dal cliente analogicamente, autenticata dall’Avvocato e poi scannerizzata);
- La nota di iscrizione a ruolo firmata digitalmente;
- La ricevuta del pagamento del contributo unificato.
Gli altri allegati, come ad esempio la messa in mora o
l’estratto autentico delle scritture contabili, saranno invece degli allegati
semplici.
Gli allegati dovranno obbligatoriamente avere uno dei
formati specificati all’art. 13 del ”Provvedimento 18 luglio 2011 - Specifiche
tecniche per l'adozione nel processo civile e nel processo penale delle
tecnologie dell'informazione e della comunicazione”:
a. .pdfb. .odfc. .rtfd. .txte. .jpgf. .gifg. .tiffh. .xml.È consentito l’utilizzo dei seguenti formati compressi purché contenenti file nei formati previsti al comma precedente:a. .zipb. .rarc. .arj.Gli allegati possono essere sottoscritta con firma digitale o firma elettronica qualificata; nel caso di formati compressi la firma digitale, se presente, deve essere applicata dopo la compressione.
Come forse alcuni di voi avranno notato, non è ad oggi –
purtroppo – possibile depositare file in formato .eml, ossia nel formato in cui
vengono solitamente salvate le ricevute dei messaggi di PEC.
Questo tipo di scelta – segnalata come problematica da molti
studiosi del settore già da alcuni mesi – comporta l’impossibilità per i
Colleghi che effettuano notificazioni in proprio via PEC (ex art. 3-bis
L.53/94) di depositare le ricevute digitali delle proprie notifiche,
costringendoli ad un’inutile attività di stampa e ad una successiva (e peraltro
irrituale) apposizione di un’attestazione di conformità all’originale.
Superando, però, il problema del formato .eml che si auspica
venga presto risolto dal legislatore, va infine precisato che tutti questi
file, come ho già chiarito anche in precedenti articoli, dovranno poi essere
“fusi” all’interno di un’unica busta telematica che sarà realizzata attraverso
il software di redazione busta. Ve ne sono svariati in commercio, in alcuni
casi anche gratuiti.
4) Come dobbiamo depositare la nostra busta telematica
Visto, quindi, quali atti abbiamo l’obbligo di depositare e
come dobbiamo prepararli, cerchiamo infine di capire come fare a depositarli.
Antecedentemente all’entrata in vigore del D.M. 44/2011,
l’Avvocato telematico aveva l’obbligo di iscriversi ad un così detto PDA (punto
di accesso) che si occupava di gestire, per il professionista, le attività di
invio degli atti telematici e di ricezione di comunicazioni e ricevute.
Questa attività veniva espletata attraverso un indirizzo PEC
interno al PDA (CPE-CPT) creato ad hoc.
Con l’introduzione della normativa attuale, invece,
l’Avvocato non è più obbligato a iscriversi a un PDA (che resta comunque un
comodo metodo per gestire il PCT) ma gli basterà essere titolare di un
indirizzo PEC funzionante e procedere all’invio della busta elettronica
crittografata (realizzata con apposito software di redazione) attraverso la propria
posta elettronica certificata.
Il messaggio PEC dovrà avere, quale dimensione massima, 30
mb (art. 14 del Provvedimento 18 luglio 2011) e dovrà essere inviato entro le
ore 14.00 dell’eventuale giorno di scadenza per il deposito.
Il flusso dei dati previsti dalla normativa sopra richiamata
prevede il seguente iter (schema realizzato dal Ministero):
- Il depositante predispone l’atto e gli allegati, tipicamente utilizzando un apposito software applicativo.
- Il software applicativo produce la busta telematica.
- Il depositante predispone il messaggio di PEC (eventualmente attraverso lo stesso software utilizzato per la predisposizione della busta telematica), con destinatario l’indirizzo di PEC dell’ufficio giudiziario o dell’UNEP destinatario.
- Il messaggio viene inviato al gestore di PEC del depositante stesso.
- Il gestore di PEC del depositante restituisce la Ricevuta di Accettazione (RdA), che viene resa disponibile nella casella di PEC del depositante.
- Il gestore di PEC del depositante invia il messaggio al gestore di PEC del Ministero della giustizia (GiustiziaCert)
- Il gestore di PEC del Ministero della giustizia restituisce la Ricevuta di Avvenuta Consegna (RdAC); la busta si intende ricevuta nel momento in cui viene generata la RdAC.
- La RdAC viene resa disponibile nella casella di PEC del depositante.
- Il gestore dei servizi telematici effettua il download del messaggio di PEC.
- Il gestore dei servizi telematici verifica la presenza del depositante (titolare della casella di PEC mittente) nel ReGIndE; nel caso in cui il depositante sia un avvocato, effettua l’operazione di certificazione, ossia viene verificato lo status del difensore; nel caso in cui lo status non sia “attivo”, viene segnalato alla cancelleria.
- Il gestore dei servizi telematici effettua gli opportuni controlli automatici (formali) sulla busta telematica.
- L’esito dei suddetti controlli è inviato con un messaggio di PEC al depositante, mediante un collegamento con il gestore di PEC del Ministero della giustizia.
- Il gestore dei servizi telematici recupera la Ricevuta di Accettazione (RdA) dal gestore di PEC del Ministero.
- Il gestore dei servizi telematici salva la relativa RdA nel fascicolo informatico.
- Il gestore di PEC del Ministero invia il messaggio con l’esito dei controlli automatici al gestore di PEC del depositante.
- Il gestore di PEC del depositante provvede a rendere disponibile l’esito dei controlli automatici nella casella di PEC del depositante.
- Il gestore di PEC del depositante invia al gestore di PEC del Ministero la Ricevuta di Avvenuta Consegna (RdAC).
- La RdAC viene recuperata dal gestore dei servizi telematici.
- La RdAC viene salvata nel fascicolo informatico.
- L’operatore di cancelleria o dell’ufficio NEP, attraverso il sistema di gestione dei registri, accetta l’atto, che viene così inserito nel fascicolo informatico.
- Il gestore dei servizi telematici, all’esito dell’intervento dell’ufficio, invia un messaggio di PEC al depositante, collegandosi con il gestore di PEC del Ministero della giustizia, utilizzando il formato del messaggio previsto.
- Il gestore dei servizi telematici recupera la Ricevuta di Accettazione (RdA) dal gestore di PEC del Ministero.
- Il gestore dei servizi telematici salva la relativa RdA nel fascicolo informatico.
- Il gestore di PEC del Ministero invia il messaggio con l’esito dell'intervento d'ufficio al gestore di PEC del depositante.
- Il gestore di PEC del depositante provvede a rendere disponibile l’esito dell'intervento d'ufficio nella casella di PEC del depositante.
- Il gestore di PEC del depositante invia al gestore di PEC del Ministero la Ricevuta di Avvenuta Consegna (RdAC).
- La RdAC viene recuperata dal gestore dei servizi telematici.
- La RdAC viene salvata nel fascicolo informatico.
Dall'analisi di questo schema ministeriale salta subito agli
occhi come l’attività del cancelliere – che accetta l’atto e fa partire
l’ultima ricevuta di conferma – resti centrale ed assolutamente ineliminabile.
Nonostante, infatti, la data del deposito sia fatta risalire
al momento della generazione della RDAC, l’eventuale rifiuto della busta (per
errori di vario genere) da parte del cancelliere, comporterà comunque la
necessità di inviare un nuovo atto correttamente redatto, con il rischio che
medio tempore sia scaduto il termine per il deposito.
E’ chiaro altresì che benché sia possibile depositare
qualunque ora del giorno e della notte, il Cancelliere di riferimento
continuerà ad avere i soliti orari di ufficio.
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Un articolo dell'Avv. Luca Sileni, rilasciato con licenza CC by-sa (vedi fonte originari e licenza).
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