versione estesa di un articolo uscito su Apogeonline il 7 febbraio 2013
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Premetto che questo articolo potrà risultare indigesto a qualcuno per la sua pedanteria. In effetti, come qualcuno mi ha già fatto notare, con la vecchiaia mi sto inacidendo; ma sono anni che ho certe cose qui sul gozzo e adesso devo proprio tirarle fuori. Iniziamo da una situazione in cui mi trovo spesso.
- Io: Ehi, ho visto che hai pubblicato un articolo sull’open data (N.d.A.: vale anche software libero, open content o qualsiasi altro tema attinente alla filosofia open). Che licenza hai applicato?
- Lui: Ehm… nessuna licenza. C’è il copyright totale (N.d.A.: solitamente copyright dell’editore).
- Io: Ma come…? E tutte le tue conferenze e interviste in cui parli dell’approccio open?
- Lui: Hai ragione… Ma sai, l’editore non ha voluto…
(Qui arriva la parte divertente)
- Io: Ah, capisco… ma immagino che tu abbia almeno provato a proporgli una licenza open…
- Lui: …ehm… no.
Solitamente il dialogo finisce qui, tranne in quei casi in cui sono in particolare confidenza e mi sento autorizzato ad insistere, chiedendo "perché no?". Non è il caso di dilungarsi; il concetto è chiaro.
Ora non voglio fare il primo della classe… ma posso garantire per esperienza diretta (basti vedere le licenze utilizzate per tutti i miei libri e articoli, compreso questo e tutti gli altri di questo blog) che se si è sufficientemente determinati sulla questione, pubblicare con licenze open le proprie opere è possibile, anche quando ci si deve interfacciare con un soggetto esterno che di norma non utilizza quel tipo di strumenti. In fondo siamo noi autori i primi e originari detentori dei diritti d’autore e siamo noi i primi chiamati a fare una scelta sul modello di gestione di questi diritti. Nei giorni scorsi ho diffuso in rete anche un test (ironico) Sei un animale open? per far riflettere gli autori su questi aspetti e ho avuto feedback curiosi.
Se continueremo a pensare che di quell’aspetto se ne occuperà qualcun altro, non potremo poi lamentarci che l’editoria non si evolve verso nuovi modelli di business o che il copyright è ormai cosa anacronistica… Se tutti noi autori iniziassimo a chiedere l’applicazione di licenze open, sono sicuro che pian piano editori, gestori di siti web, coordinatori di riviste scientifiche non si sentiranno più legittimati ad opporre il classico approccio prendere o lasciare cui si ispirano le vecchie (e ormai obsolete) prassi contrattuali. Quando si tratta di autori che si dichiarano pubblicamente impegnati nella missione dell’innovazione e dell’openness, diventa anche una questione etica, di coerenza intellettuale e, da un lato, anche di spirito di iniziativa e consapevolezza delle proprie prerogative.
Se vi sembra la classica questione di principio da integralista, vi faccio una domanda: come vi sentireste se alla fine della presentazione di un libro sul diventare vegetariani, il relatore vi esortasse a partecipare al rinfresco finale a base di patè d’oca, vitello tonnato e prosciutto di cervo?
Se vi sembra la classica questione di principio da integralista, vi faccio una domanda: come vi sentireste se alla fine della presentazione di un libro sul diventare vegetariani, il relatore vi esortasse a partecipare al rinfresco finale a base di patè d’oca, vitello tonnato e prosciutto di cervo?
Ok, forse il confronto è forzato... ma allora lasciate che vi faccia un'altra domanda: se non tocca a noi autori di testi sulla cultura "open" spingere per l'applicazione di modelli di licenza innovativi, a chi tocca? E poi... se non ora, quando?! La licenza GPL ha quasi 25 anni, la GFDL ne ha 13, le CC hanno compiuto 10 anni da poco, Wikipedia è in rete da 12 anni... e i concetti di open access e open content mi sembrano ampiamente chiari a tutti, ormai.
I concetti su cui vorrei richiamare la vostra attenzione - cari autori/divulgatori attivi nel mondo "open" - sono quindi semplici, e sono i seguenti:
1) i primi titolari dei diritti d'autore (e quindi i primi responsabili delle relative scelte) sono gli autori e non gli editori (che ricevono i diritti in cessione dagli autori); quindi non si può sempre lavarsi le mani sostenendo che di quell'aspetto si occupa qualcun altro.
2) gli strumenti giuridici (ovvero licenze e formule contrattuali) per applicare un modello innovativo e più coerente con i contenuti da voi proposti esistono ormai da anni. E comunque esistono anche gli avvocati specializzati in questo campo che possono guidarvi (non solo! Esistono anche dei servizi di consulenza gratuita).
3) internet non ammette ignoranza (come la legge): non è più accettabile che i più si difendando dicendo che non hanno ben capito come funzionano questi modelli. Sapete che esiste una cosa che si chiama Google e una che si chiama Wikipedia?! Intendo dire che la rete è piena di materiale informativo (tra cui, se gradite, anche realizzato da me) gratuito e facile da fruire; basta aver voglia di cercare! E - anche in questo caso - se proprio non ve la sentite di fidarvi dell' "autoformazione", esistono sempre i consulenti specializzati.
4) di siti/riviste/editori che consentono la pubblicazione con licenze open ne esistono moltissimi... anche in questo caso basta aver voglia di cercare e di fare un passo in più.
5) la coerenza intellettuale è un valore fondamentale, specie quando si tratta di questi temi. Altrimenti perdiamo già buona parte della nostra credibilità come divulgatori.
[Ok... si chiude qui (per oggi) la rubrica "L'angolo del pedante" a cura di Simone Aliprandi. Ci vediamo alla prossima puntata.]
Commenti
coerenza prima di tutto! ;-)
un saluto. Vincenzo Marabita