Eccola, è arrivata. L'ennesima campagna di sensibilizzazione sul tema della pirateria digitale promossa dall'industria del copyright.
Questa volta sono alcuni grandi nomi del mainstream musicale italiano (tra cui vi sono anche nomi che artisticamente apprezzo molto, tra l'altro) a farsi portavoce di questo messaggio.
Diciamo che in generale apprezzo lo stile sobrio di certo più opportuno del vecchio spot di Faletti che viene impiccato dalla fotocopia dei libri (veramente di cattivo gusto) o da quello del "non ruberesti mai un auto..." (giuridicamente agghiacciante). L'approccio dello script recitato da questi artisti è stato in effetti epurato dalle solite goffaggini tra cui storicamente spicca proprio quella dell'equiparazione "copia digitale = furto di copia materiale" che a qualsiasi giurista fa venire la pelle d'oca nonché conati e sincopi varie.
Emerge però ancora un DERUBATI (dalla voce di Gino Paoli) che era tranquillamente evitabile. E resta ancora palpabile quell'atmosfera di eccessiva colpevolizzazione da un lato e di eccessiva vittimizzazione dall'altro. Sapere dalla voce di gente che prende qualche migliaia di euro per una comparsata in TV di mezz'ora che le loro case discografiche hanno perso introiti sinceramente non riesce a commuovermi abbastanza.
Poi comunque ci si riferisce ad un tema troppo ampio e complesso per essere trattato come un unico calderone: gli interessi degli artisti e degli editori non vanno sempre di pari passo (anzi, sono spesso in conflitto) e soprattutto nel concetto di pirateria digitale ci sono fenomeni non equiparabili come il teenager che si scarica il cd del suo gruppo preferito e vere forme di criminalità organizzata che lucrano sulla violazione del diritto d'autore.
Ammetto che un rilievo in particolare mi ha fatto riflettere, ovvero quello che emerge dalle parole di Mauro Pagani relative a servizi come Megaupload che si arricchiscono per bene vendendo spazi pubblicitari. In effetti siamo su un piano diverso rispetto al peer-to-peer "classico" (cioè quello basato sui software di file-sharing client-client) e ammetto che forse qualche distinzione andrebbe fatta. Tuttavia, al di là dei toni e dell'approccio comunicativo indiscutibilmente migliorati, mi sembra che non siano stati fatti molti passi avanti a livello concettuale... ma in fondo non si può nemmeno pretendere. Ognuno fa la sua parte.
Ci penserà il tempo e l'evoluzione della specie ad estinguere i dinosauri.
Questa volta sono alcuni grandi nomi del mainstream musicale italiano (tra cui vi sono anche nomi che artisticamente apprezzo molto, tra l'altro) a farsi portavoce di questo messaggio.
Diciamo che in generale apprezzo lo stile sobrio di certo più opportuno del vecchio spot di Faletti che viene impiccato dalla fotocopia dei libri (veramente di cattivo gusto) o da quello del "non ruberesti mai un auto..." (giuridicamente agghiacciante). L'approccio dello script recitato da questi artisti è stato in effetti epurato dalle solite goffaggini tra cui storicamente spicca proprio quella dell'equiparazione "copia digitale = furto di copia materiale" che a qualsiasi giurista fa venire la pelle d'oca nonché conati e sincopi varie.
Emerge però ancora un DERUBATI (dalla voce di Gino Paoli) che era tranquillamente evitabile. E resta ancora palpabile quell'atmosfera di eccessiva colpevolizzazione da un lato e di eccessiva vittimizzazione dall'altro. Sapere dalla voce di gente che prende qualche migliaia di euro per una comparsata in TV di mezz'ora che le loro case discografiche hanno perso introiti sinceramente non riesce a commuovermi abbastanza.
Poi comunque ci si riferisce ad un tema troppo ampio e complesso per essere trattato come un unico calderone: gli interessi degli artisti e degli editori non vanno sempre di pari passo (anzi, sono spesso in conflitto) e soprattutto nel concetto di pirateria digitale ci sono fenomeni non equiparabili come il teenager che si scarica il cd del suo gruppo preferito e vere forme di criminalità organizzata che lucrano sulla violazione del diritto d'autore.
Ammetto che un rilievo in particolare mi ha fatto riflettere, ovvero quello che emerge dalle parole di Mauro Pagani relative a servizi come Megaupload che si arricchiscono per bene vendendo spazi pubblicitari. In effetti siamo su un piano diverso rispetto al peer-to-peer "classico" (cioè quello basato sui software di file-sharing client-client) e ammetto che forse qualche distinzione andrebbe fatta. Tuttavia, al di là dei toni e dell'approccio comunicativo indiscutibilmente migliorati, mi sembra che non siano stati fatti molti passi avanti a livello concettuale... ma in fondo non si può nemmeno pretendere. Ognuno fa la sua parte.
Ci penserà il tempo e l'evoluzione della specie ad estinguere i dinosauri.
Commenti
Mentre il danno dall'introduzione di misure di monitoraggio e filtraggio è enorme e misurabile, perché sappiamo quanto costa agli ISP. E inoltre è un danno di democrazia.
Fa tristezza che persone in buona fede si prestino a questo gioco.
http://maffulli.net/2012/04/05/il-pianto-greco-gerontologico/