Licenze opencontent e concorrenza sleale

Ogni tanto, quando mangio pesante e non dormo la notte, mi dedico ad elucubrazioni (spesso malsane) sui temi oggetto della mia attività di divulgazione. Un pensiero che mi gira in testa da tempo è relativo al rapporto fra le licenze opencontent e i principi sulla concorrenza sleale.
Poniamo il classico caso in cui un editore pubblichi un libro con una licenza che consente anche l'uso commerciale. Ad un anno dalla pubblicazione, un altro editore si dimostra interessato al libro, si informa sui termini della licenza e trova rassicurazioni sul fatto che, grazie alla licenza applicata, anche lui può pubblicare e commerializzare l'opera nel proprio catalogo. Prende dunque il file pdf del libro (comprensivo di copertina e veste grafica), gli cambia unicamente i dati d'edizione contenuti nel colophon, gli attribuisce un proprio codice ISBN e il suo marchio commerciale e inizia la produzione.
Una volta inserito il libro in catalogo e distribuitolo nei normali circuiti commerciali, gli utenti (che non necessariamente sono informati delle dinamiche del mondo editoriale e della gestione dei diritti) trovano di fatto la stessa identica opera con due codici ISBN e due marchi diversi; tuttavia, notando una data di pubblicazione più recente, comprano tutti il libro dal secondo editore.
Il primo editore, vedendo le sue vendite in calo e non potendo revocare i permessi concessi con la licenza a suo tempo applicata all'opera, decide di far leva sui principi della concorrenza sleale per diffidare il secondo editore dal commercializzare il libro. Va dal suo avvocato e invia una diffida ai sensi dell'art. 2598 del Codice Civile.*
Il secondo editore, per evitare problemi, toglie il libro dal suo catalogo.
In questo modo verrebbero vanificati gli effetti della licenza (la quale appunto agisce solo nell'ambito d'azione del diritto d'autore).
Credo che sia necessario riflettere su questo aspetto a mio avviso troppo sottovalutato.
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* Il testo dell'articolo 2598 è il seguente:
Ferme le disposizioni che concernono la tutela dei segni distintivi (2563 e seguenti) e dei diritti di brevetto (2584 e seguenti), compie atti di concorrenza sleale chiunque:
usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l'attività di un concorrente;
diffonde notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull'attività di un concorrente, idonei a determinare il discredito, o si appropria di pregi dei prodotti o dell'impresa di un concorrente;
si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l'altrui azienda.
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ADDENDUM:
Riflettendo su quanto emerso nelle liste di discussione in cui è circolato questo articolo e confrontandomi con altri colleghi più esperti di me in materia di concorrenza, devo concludere che in effetti non è sempre vero che diritto d'autore e concorrenza sleale viaggiano su due binari diversi. Di conseguenza il fatto che un soggetto autorizzi con licenza la copia gli fa perdere la legittimazione ad agire sulla base della mera concorrenza.
Resta il fatto che, per come è strutturato il mercato attualmente (si veda sempre l'esempio dell'utente medio che cerca un libro su Amazon o su IBS e vede la copertina identica, e il marchio minuscolo in un angolino), il rischio di indurre il consumatore in confusione sul prodotto è sempre elevato. Quindi, per evitare problemi, consiglierei ad un eventuale "secondo editore" di confezionare il libro in modo che possa essere percepito come *prodotto commerciale* differente (benchè sempre *opera dell'ingegno* identica).

Commenti

M. Fioretti ha detto…
Simone,
questo è effettivamente un punto molto importante e altrettanto trascurato. Personalmente non ho ancora opinioni da fornire, ci devo pensare. Volevo però suggerirti di farne una versione inglese se puoi, visto che il problema è sicuramente internazionale. Se potrai farla, la passerò subito ai miei contatti fuori dall'Italia, ce ne sono diversi che sicuramente potrebbero dire qualcosa in merito.
Anonimo ha detto…
Quando editori di certe dimensioni cominciano ad utilizzare questo tipo di licenze il problema giustamente si pone.
Forse il problema si può risolvere focalizzandosi sull'autore: se egli prevede un uso commerciale, a mio parere sarà interessato ad una certa casa editrice, rispetto ad un'altra, che magari gli dà più visibilità in termini di immagine. Un aspetto legato al marketing insomma: potrebbe essere inserita una postilla nell'uso commerciale specificando un editore.
Forse la faccio troppo semplice. Spero che possa fornire uno spunto...
Marco
Simone Aliprandi ha detto…
Caro Anonimo/Marco, di certo ogni spunto può essere utile... ma non riesco a capire bene il tuo commento. Puoi spiegarti meglio? Ad esempio non capiscoin che senso dici "focalizzarsi sull'autore" e ""inserire una postilla nell'uso commerciale specificando un editore". Considera che qui si parla di diritto, non di marketing e strategie... Il diritto tende a comportarsi come scienza perfetta e dovrebbe considerare ogni ipotesi possibile. E questa posso assicurare che è davvero possibile.