Una critica che viene spesso mossa ai sistemi di intelligenza artificiale generativa è quella di copiare gli stili di artisti particolarmente iconici e riconoscibili, di fare delle imitazioni parassitarie e senza originalità e quindi di violare una sorta di “diritto morale” degli autori. Classici esempi sono prompt come “modifica questa mia fotografia e rendila simile a un quadro di Salvador Dalí”; oppure “su questo giro di accordi, genera un assolo di chitarra come lo scriverebbe e come lo suonerebbe David Gilmour”.
Questa “accusa” però denota poca conoscenza delle questioni giuridiche sottostanti e del funzionamento dell’intelligenza artificiale generativa.
Innanzitutto, prima di gridare alla violazione di copyright per l’imitazione dello stile di un autore, bisognerebbe appurare se lo stile sia davvero tutelato dal diritto d’autore. Gli approcci dei vari ordinamenti giuridici del mondo possono essere diversi su questo aspetto, ma in generale lo stile in sé non è coperto dalla tutela del diritto d’autore poiché troppo astratto e indefinito. Il diritto d’autore tendenzialmente tutela la forma espressiva delle opere ma non l’idea che ci sta sotto (che invece è replicabile da chiunque) e tanto meno il metodo con cui l’autore è arrivato al risultato finale. La questione è tuttavia complessa e piena di sfumature, perché comunque la caratterizzazione dei personaggi di fantasia e il concept di un’opera letteraria, grafica o cinematografica sono invece pienamente oggetto di tutela di copyright. Cerchiamo di approfondire e capire meglio.
Come spiega opportunamente Arlo Canella [1],
«la difficoltà di tutelare lo stile risiede nel fatto che esso è un “concetto astratto” che riflette l'approccio personale dell'artista alla creazione, piuttosto che non elemento tangibile specifico.»
Ma al di là della questione di difficoltà tecnico-giuridica nel tutelare qualcosa di così astratto e indefinito, giustamente Canella segnala anche una fondamentale questione di opportunità:
«prima di tutelare un puro concetto o uno stile, occorre riflettere a fondo sull'impatto che questa scelta potrebbe avere sulla libertà di espressione di tutti noi. La difesa dello stile rimane un'area complessa e sfumata del diritto, che richiede equilibrio tra la tutela della creatività individuale, il rispetto e il sentire artistico altrui e la libertà di ispirazione di espressione.»
Una simile questione, in realtà, si era posta già alcuni anni fa, ben prima dell'avvento dei sistemi di intelligenza artificiale generativa, in occasione della diffusione di applicazioni che permettevano di modificare le immagini nello stile di famosi fumetti o cartoons. Particolarmente noti e utilizzati sono i servizi web o le mobile app che, caricando una propria foto ritratto, sono in grado di trasformarci in un personaggio dei Simpsons, con il classico stile “giallo” uscito dalla mente creativa di Matt Groening e con la caratteristica ambientazione basata su scorci di Springfield. Esistono comunque molti altri servizi che fanno la stessa cosa per altri famosi cartoons o fumetti (Griffin, South Park, Dragon Ball). Davvero qualcuno pensa che Matt Groening potrebbe avanzare richieste di copyright agli utilizzatori di tutti quei servizi? Al massimo potrebbe avanzare richieste ai provider di quei servizi; ma non tanto per lo stile in sé, quanto perché spesso vengono replicati elementi creativi specifici, come ad esempio gli sfondi che riproducono la casa dei Simpson o le repliche di alcuni personaggi dei Simpson. E anche in quei casi, l’utilizzo potrebbe essere considerato sufficientemente trasformativo ai sensi del fair use statunitense.
La questione sulla pretesa violazione di copyright per imitazione pedissequo dello stile di alcuni artisti è ancora oggetto di acceso dibattito. Con la versione del generatore di immagini lanciata da OpenAI nei giorni scorsi, molti utenti si sono avventurati nella creazione di immagini in “stile Ghibli” riaccendendo i dubbi sulla violazione del diritto d’autore. Lo Studio Ghibli è un importante studio cinematografico di film d'animazione giapponese che fin dalla metà degli anni 80 si è contraddistinto per un tratto particolarmente riconoscibile (al pari di ciò che fece pochi anni dopo Matt Groening con i suoi personaggi gialli).
In una dichiarazione rilasciata al New York Times e pubblicata in un articolo [2] del 27 marzo 2025, Taya Christianson di OpenAI ha ridabito che OpenAI, secondo le sue policy, “continua a impedire la possibilità di generare opere nello stile di singoli artisti viventi, ma che restano consentite generazioni che ripercorrono in senso più ampio lo stile di alcuni studi”. Un giro di parole che, in effetti, spiega poco e sembra più che altro una risposta evasiva; e soprattutto che vuole far leva su una distinzione (quella tra artista singolo e studio di produzione) che non trova riscontro nelle leggi sul copyright.
Commentando proprio le notizie relative all’utilizzo massivo dello “stile Ghibli” da parte degli utenti di ChatGPT, Edward Lee, giurista molto attento e preciso su questi temi, ha espresso la sua opinione [3] come segue:
«Se da un lato è vero che stili più ampi (ad esempio, cubismo e surrealismo) non sono protetti da copyright, lo stile distintivo di un artista, come Saul Steinberg (che ha illustrato le copertine per il New Yorker) è una parte della sua espressione protetta da copyright. Il Dr. Seuss era un altro artista che aveva uno stile visivo (e letterario) molto distintivo. Quindi, sì, lo stile distintivo di un artista può rientrare in ciò che il copyright protegge.»
Lee sembra quindi sbilanciarsi verso la tutelabilità dello stile degli artisti. Ad ogni modo aggiunge che comunque delineare bene questi confini sarà uno dei compiti più interessanti a cui saranno chiamati i giudici nei prossimi anni, demandando ancora una volta le risposte più concrete alla ventura giurisprudenza.
«Certo, il contenzioso determinerà l'ambito di protezione del copyright per lo stile distintivo di un artista, ovvero quali sono gli elementi dello stile e quali sono protetti dal copyright. A un certo punto, uno stile può essere o diventare troppo ampio perché costituisce un approccio creativo o un genere. E, con alcuni tipi di opere, come le opere musicali, le affermazioni del copyright su uno stile personale di un musicista possono essere problematiche perché possono sovrapporsi troppo con elementi che definiscono tipi di opere fortemente basati sul genere (ad esempio, rap, country, musica pop) che tutti gli artisti usano. Tuttavia, quando l'obiettivo previsto della copia non è uno stile generale, ma piuttosto lo stile distintivo di un artista, ciò può sollevare una questione di violazione del copyright.»
Infine Lee conclude avvertendo che, a suo avviso, è falso affermare che il copyright non protegga mai lo stile di un artista, in quanto “la giurisprudenza [statunitense] riconosce già che lo stile distintivo di un artista è parte dell'espressione e può rientrare nella protezione del copyright”.
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