Trovano una lince per strada e la allevano come un gattino. Il parere dell’esperto sulla scelta spesso insensata di allevare animali selvatici
Pur essendo io un giurista e un divulgatore di argomenti legati al mondo del diritto delle tecnologie digitali e dell’impatto sociale delle nuove tecnologie, saltuariamente mi capita di pubblicare video su temi di interesse generale, prendendo spunto da notizie di attualità o da contenuti che circolano sui social media. Nelle scorse settimane è successo ad esempio che in un mio post pubblicato su tutti i miei canali social ho commentato con tono molto critico un video abbastanza noto che sta circolando molto e racconta la storia di una famiglia nordamericana che ha trovato sul ciglio di una strada una piccola lince rossa (bobcat) e l’ha raccolto allevandola come fosse un animale domestico. Inaspettatamente il mio post ha raccolto molte visualizzazioni ma soprattutto molti commenti, alcuni di grande approvazione (per fortuna la maggior parte) ma anche alcuni con attacchi veementi e insulti contro di me da parte di sedicenti “amanti degli animali” che invece approvavano l’idea di fondo di salvare una lince in quel modo, prelevandola dal suo ambiente e trattandola come un peluche. Tra i commenti in mio sostegno per fortuna c’erano anche quelli provenienti da esperti del settore (biologi, veterinari, guardie forestali) e ho dunque pensato di contattare uno di loro per avere un’opinione qualificata (e meno attaccabile della mia) e cogliere l’occasione di approfondire alcuni aspetti teorici.
Ho dunque contattato il Prof. Simone Masin che molto gentilmente si è reso disponibile a rispondere ad alcune domande. Laureato in Scienze Biologiche presso Università degli Studi di Milano con una specializzazione in Etologia cognitiva sui vertebrati e un dottorato di ricerca in Scienze naturali, sempre a Milano in bioacustica e comunicazione animale e un master in Comunicazione delle scienze presso la Facoltà di Fisica di Padova, ha lavorato e lavora tutt’ora in ambito conservazionistico con progetti e collaborazioni con diversi Parchi Regionali, ultimo tra i quali il Parco Regionale del Montevecchia e Valle del Curone; proprio in quel contesto, il suo gruppo di ricerca ha riportato una specie di testuggine estinta dal 1900, la testuggine palustre europea. Masin progetta e conduce corsi di Scienze e Biologia per le scuole Primarie delle Lombardia e per l’Università di Milano Bicocca come Tutor per il corso di Zoologia e Biologia presso la Facoltà di Scienze e Tecnologie per l’Ambiente e il Territorio e come docente del Laboratorio di Didattica della Biologia per gli studenti di Scienze della Formazione Primaria, sempre a Milano Bicocca. Appassionato di fauna selvatica, lavora soprattutto con rettili e uccelli.
Un curriculum di tutto rispetto che mi auguro scoraggi i falsi amanti degli animali, i leoni da tastiera e gli improvvisati dal buttare ulteriormente in caciara un tema a mio avviso molto delicato, che rischia di imboccare una china pericolosa.
Partendo quindi dal famoso video della lince allevata come un gatto domestico, cerchiamo di fare qualche riflessione e approfondimento. Purtroppo non abbiamo gli strumenti per verificare la veridicità della storia, quindi non possiamo far altro che procedere per ipotesi. La prima ipotesi è che la storia sia vera, mentre la seconda ipotesi è che la storia sia falsa e dunque il video totalmente artefatto. Secondo il mio punto di vista in entrambi i casi il comportamento di quella famiglia sarebbe da considerare tutt’altro che corretto e sensato; ma chiedo a lei di esprimere un parere più qualificato.
Un curriculum di tutto rispetto che mi auguro scoraggi i falsi amanti degli animali, i leoni da tastiera e gli improvvisati dal buttare ulteriormente in caciara un tema a mio avviso molto delicato, che rischia di imboccare una china pericolosa.
Partendo quindi dal famoso video della lince allevata come un gatto domestico, cerchiamo di fare qualche riflessione e approfondimento. Purtroppo non abbiamo gli strumenti per verificare la veridicità della storia, quindi non possiamo far altro che procedere per ipotesi. La prima ipotesi è che la storia sia vera, mentre la seconda ipotesi è che la storia sia falsa e dunque il video totalmente artefatto. Secondo il mio punto di vista in entrambi i casi il comportamento di quella famiglia sarebbe da considerare tutt’altro che corretto e sensato; ma chiedo a lei di esprimere un parere più qualificato.
1. Iniziamo con la prima ipotesi: la famiglia ha davvero trovato il cucciolo di lince lungo una strada e si è sentita in dovere di salvarlo. Quale sarebbe il modo più corretto di agire nel caso qualcuno trovi un cucciolo di lince o di altro felino selvatico apparentemente sperduto e abbandonato?
Partiamo dal presupposto che i cuccioli di carnivori, tra tutti i possibili cuccioli selvatici in cui ci si può imbattere durante una escursione, sono i più pericolosi. Sia perché solitamente non sono affatto così docili e propensi al rapporto con l’essere umano, per il quale provano paura e aggressività, al punto di cercare di sottrarsi alla cattura e tentare di mordere e graffiare se contenuti, (dal che si capisce che il cucciolo di lince nel video, è con tutta probabilità, un cucciolo allevato al biberon, che ha sviluppato un legame con gli umani, perché nato in cattività e sottratto alla madre in età precoce, e poi piazzato ad arte nel sito di “ritrovamento”), sia perché potenziali ospiti di virus e batteri patogeni, che veicolano attraverso morsi, graffi, urina e feci, e parassiti cutanei dei quali sovente sono infestati. Per cui al ritrovamento di un volpacchiotto, di un cucciolo di tasso, martora, faina, lupacchiotto, ermellino e altri carnivori, è necessario valutare anzitutto la propria salvaguardia personale. Detto questo, solitamente, sia negli USA che in EU, esistono enti appositi che sono legalmente titolati per il recupero in sicurezza che per la stabulazione e la cura sia di cuccioli che di soggetti adulti feriti o malati, appartenenti alla fauna selvatica. In USA tali enti vengono chiamati “institutional rehabilitation centers” in cui lavorano figure professionali formate che si chiamano “rehabbers”. i rehabbers sono segnalati a livello di Contea (negli USA) e il loro recapito è quello da contattare in ogni caso che riguardi il rinvenimento di fauna selvatica, dal pulcino di una specie comune, fino a cuccioli di carnivori potenzialmente molto pericolosi anche per via della trasmissione di zoonosi. In casi in cui l’animale è in pericolo immediato esistono procedure di recupero in sicurezza da seguire, che solitamente prevedono la messa in sicurezza dell’animale in contenitore idoneo e il convogliamento immediato presso i rehabbers. In nessun caso viene consigliato l’allevamento privato o la cura veterinaria autogestita, come si vede nei molti video che girano in rete.
2. Da avvocato so per certo che questi comportamenti sono assolutamente vietati in Italia e in buona parte dell’Unione Europea. Come funziona più precisamente dal punto di vista delle norme e delle competenze amministrative in materia di fauna selvatica?
In molti Stati americani la detenzione di fauna selvatica senza gli opportuni permessi federali è sanzionata in modo molto severo. Qui da noi la detenzione è parimenti vietata, quanto invece al salvataggio di individui di fauna selvatica e il relativo reindirizzamento a enti di recupero situazione è più sfumata e gli enti da contattare sono anzitutto i CRAS Centri recupero animali selvatici, la Polizia Locale e, in rari casi il CFS (Corpo Forestale dello Stato). Molto spesso i carabinieri Forestali reindirizzano le richieste. Il problema è che i CRAS non sono ben attrezzati e sono sempre a corto di risorse, per cui spesso chiedono ai cittadini di convogliare l’animale privatamente alle loro strutture. In un contesto come quello nazionale, in cui il volontariato spesso vicaria le mancanze a livello pubblico anche ENPA e altre associazioni di tutela animale prestano tale servizio, in una situazione nazionale che è piuttosto confusa. L’elenco dei CRAS abilitati, Regione per Regione, è facilmente reperibile online, vale sempre cominciare da lì e telefonare. Sia, anzitutto, per accertare che il cucciolo o il pulcino che vediamo sia davvero in pericolo (in molti casi un pulcino o un cerbiatto che ci SEMBRANO bisognosi di assistenza sono invece da lasciare assolutamente dove si trovano, perché i loro genitori sono nascosti nelle vicinanze e “salvandoli” non faremmo loro che rovinare la vita. Una telefonata ad un CRAS può chiarire ogni dubbio in merito al fatto che l’animale sia o meno da salvare).
3. Quali sono i rischi di allevare un animale del genere in un contesto domestico? Mi riferisco innanzitutto ai rischi per gli esseri umani. Ho letto storie agghiaccianti di persone uccise o gravemente ferite da animali selvatici che avevano tenuto in cattività, fino ad arrivare a quella più spaventosa dello scimpanzé Travis.
Allora, i rischi di allevare un animale selvatico come un qualsiasi cucciolo domestico stanno esattamente nella definizione. Un animale domestico ha subìto una serie di modificazioni al comportamento, attraverso la selezione operata dall’allevamento umano, che lo ha reso più docile, meno reattivo agli stimoli, meno eccitabile e in definitiva più adatto a gestire un rapporto con un essere umano; e, particolare da non sottovalutare, anche una gestione in condizioni confinate (gabbie, recinti, voliere, pollai, stalle). Un animale selvatico, cresciuto in un contesto umano sin da cucciolo, certamente sviluppa un attaccamento molto pronunciato per la sua “famiglia” umana, che declina in modo diverso a seconda della socialità che è propria della specie. E questo è esattamente il problema. Ad esempio, un leoncino, specie spiccatamente sociale, crescendo con una famiglia umana, tenderà a considerare gli esseri umani come leoni e rapportarsi a loro con i comportamenti tipici della sua specie. Questo è commovente e adorabile perché giocherà con il suo padrone alla pari, come se stesse giocando con la madre e più avanti, con uno dei fratelli. Purtroppo però la socialità di un leone è fatta anche di momenti aggressivi e agonistici, per cui il giovane leone, dopo i due anni, comincerà a vedere il suo padrone come un antagonista maschio da sfidare, oppure se femmina, magari sentirà il dovere di rivendicare un giocattolo o il suo pasto come avrebbe fatto con una carcassa nei confronti delle altre leonesse del branco. E un leone non capisce che una zampata o un morso al collo, che nei confronti di un conspecifico sarebbero solo un severo ammonimento, se diretti ad un umano, uccidono. Questi sono i rischi di allevare animali selvatici come domestici. La loro socialità “estesa” agli umani, da cuccioli è gestibile, da adulti uccide o ferisce gravemente.
4. E nei casi di animali meno pericolosi e massicci di un leone, quali sono le caratteristiche degli animali selvatici che li rendono comunque poco gestibili e poco adatti alla vita domestica?
In generale c’è un problema di maggiore reattività, che tocca tutte le specie, anche quelle più piccole. I selvatici sono tutti molto più reattivi dei domestici. Per sopravvivere in natura un cucciolo o un pulcino deve sperimentare, spaventarsi, fuggire, attaccare, in definitiva reagire agli stimoli. Un domestico, molto meno, La sua sopravvivenza non dipende più da quanto è veloce a reagire agli stimoli, è più placido, meno reattivo. Questo diventa subito evidente perché questi cuccioli, tutti, appena crescono diventano veramente distruttivi in casa. Rompono tutto, si arrampicano ovunque, non sopportano affatto di essere confinati in una gabbia e si causano danni seri se rinchiusi, al punto da spezzarsi le penne (uccelli) o rompersi i denti per cercare di evadere. Questa è una delle principali cause di convogliamenti di cuccioli selvatici “salvati” da persone ignare, presso i suddetti CRAS. Il problema è che l’adorabile volpacchiotto, il cinghialetto, la gazza, oppure la piccola faina, a quel punto sono ormai irrecuperabili per la natura: non più davvero selvatici, hanno perso il timore degli umani, e non hanno la minima idea di come cavarsela in natura, ma nemmeno domestici e mai animali da salotto. La loro vita molto spesso finisce per passare in un recinto o in una voliera dei centri di recupero. Questo è molto triste.
5. Per l’uomo ci sono anche rischi di contaminazione con patogeni di cui i selvatici sono portatori, magari fino all’epilogo estremo del “salto di specie” di cui tanto abbiamo sentito parlare qualche anno fa?
Sì, assolutamente. Ad esempio ci sono le zoonosi: la rabbia (oggi fortunatamente molto poco presente sul territorio europeo), ma anche molti altri patogeni che un cucciolo può trasmettere ai suoi “salvatori”, come già detto sopra. Anche il pericolo del cosiddetto “salto di specie” è reale e per nulla da sottovalutare. Alcune specie più di altre, ad esempio i chirotteri, i pipistrelli, sono da maneggiare con estrema cautela. Molti canidi (come volpi, lupi, sciacalli), sono vettori di malattie importanti, e lo stesso vale per i roditori (scoiattoli, arvicole, ghiri…). Gli scoiattoli che vediamo in alcuni parchi cittadini sembrano tanto teneri ma spesso sono portatori di malattie simili a quelle dei ratti. Bisogna stare molto attenti ad avvicinarli e a dar loro da mangiare a mani nude. Questo per dire com’è facile cadere in ingenuità ed esporsi a pericoli se non si è del settore.
Altro rischio molto concreto sono le infestazioni da ectoparassiti, che sovente infestano la pelliccia o il piumaggio di pulcini e cuccioli. Ad esempio, il recupero dei giovani ricci, che spesso vengono trovati in condizioni critiche lungo le strade o nei giardini, porta spesso a riempirsi di pulci, pidocchi e zecche, che questi animaletti ospitano a decine, e che passano sulle mani del “salvatore”: è bene indossare guanti usa e getta per maneggiare il cucciolo, se è necessario recuperarlo, e spostare l’animaletto in una scatola di cartone, evitando di “coccolarlo e sbaciucchiarlo”. Anche tenerlo in grembo durante il trasporto al CRAS non fa altro che indurre stress alla bestiola e esporvi a infestazioni di ectoparassiti.
Altro rischio molto concreto sono le infestazioni da ectoparassiti, che sovente infestano la pelliccia o il piumaggio di pulcini e cuccioli. Ad esempio, il recupero dei giovani ricci, che spesso vengono trovati in condizioni critiche lungo le strade o nei giardini, porta spesso a riempirsi di pulci, pidocchi e zecche, che questi animaletti ospitano a decine, e che passano sulle mani del “salvatore”: è bene indossare guanti usa e getta per maneggiare il cucciolo, se è necessario recuperarlo, e spostare l’animaletto in una scatola di cartone, evitando di “coccolarlo e sbaciucchiarlo”. Anche tenerlo in grembo durante il trasporto al CRAS non fa altro che indurre stress alla bestiola e esporvi a infestazioni di ectoparassiti.
6. Atteso che, per ovvi motivi, un animale cresciuto così non può più essere reinserito in natura, quali sono invece i rischi per lui? Quali sono le probabilità che una volta cresciuto debba essere tenuto in gabbia oppure sotto sedazione?
Come ho già spiegato poco fa, più il tempo che un cucciolo selvatico ha trascorso in mano umana non esperta è lungo, più profondi e indelebili saranno i danni che si saranno causati. Al punto che alcuni selvatici possono alla fine essere reinseriti in natura, sia pure con una riabilitazione lunga (e costosa per i centri che se ne occupano). Altri invece sono “rovinati” per sempre e il loro futuro è solo in un recinto (si spera il più possibile ampio e naturale, ma sempre un recinto) di un Centro o un Bioparco. Chi alleva selvatici per la riabilitazione sa bene quali sono le cose da evitare assolutamente per evitare di crescere un soggetto incapace di reinserirsi in natura. Ci sono dei corsi appositi da riabilitatore, che formano soggetti professionali abilitati a questo compito, delicatissimo. Non ci si può improvvisare.
7. Infine, quali sono i rischi per la specie? Quegli animali che vivono in cattività non possono incontrare i loro simili per riprodursi e quindi si sta interferendo anche con la conservazione della specie. È corretto?
Sì, in linea di massima ogni individuo che sottraiamo ad una popolazione selvatica, impedendogli di riprodursi o di tornare libero, è da considerarsi “morto” per l’evoluzione. naturalmente la gravità di questo impatto è in relazione allo stato di una popolazione: un cucciolo di una specie rara, sottratto alla natura, come un orsacchiotto o un cucciolo di lince europea arreca un danno alla specie molto più grave di un cucciolo di una specie molto comune e diffusa, che può “permettersi” invece di perdere ogni anno qualche migliaio di giovani, che in ogni caso fallirebbero a rendersi indipendenti, morendo di fame, malattia, o per predazione: in questo senso, “salvare” e rendere inabile al rilascio in natura di un pulcino di cornacchia, di una gazza o di un volpacchiotto produce un danno quasi impercettibile alla specie: resta comunque l’inaccettabilità etica del privare della possibilità della vita in libertà un individuo, e naturalmente l’illecito di fronte alla legge.
8. Passiamo ora alla seconda ipotesi, cioè quella secondo cui la storia sarebbe inventata e il video artefatto. Il “movente” è abbastanza chiaro: queste storie toccano corde molto delicate nella psiche umana e quindi attirano un sacco di like e di follower; soprattutto se condite con immagini tenere e “pucciose” e accompagnate da musichette sentimentali. Dunque in mancanza di storie vere di quel tipo, si trova il modo di crearle ad arte e di sceneggiare il tutto nel modo più credibile possibile. Frequentando i social, lei che idea si è fatto su questo fenomeno?
A mio avviso più di tre quarti di questi video sono realizzati ad arte. E i cuccioli e i pulli che vengono mostrati come “orfani”, in realtà sono cuccioli o pulcini nati in cattività, portati in una zona apparentemente “naturale” e poi filmati mentre vengono “trovati” dal protagonista del momento, che decide di “salvarli” e portarli a casa. È tutto finto. In molti casi, addirittura, i cuccioli che vengono ripresi mentre “crescono” amorevolmente accuditi dai salvatori sono animali diversi. Questo perché chi sforna questa spazzatura non ha tempo di aspettare sei-dieci-diciotto mesi che l’adorabile gattone diventi adulto. Quindi vengono noleggiati soggetti di età diversa per essere filmati. Suggerisco di fare sempre caso ai particolari del mantello dei soggetti, oppure alle macchie sul naso o sul muso: in molti casi vi accorgerete che cambiano da una ripresa all’altra. Sono cuccioli prodotti in cattività, con i documenti CITES in regola, cioè i documenti obbligatori per tutte le specie di felini esotici e per molte specie di pappagalli, rapaci, corvidi, proprio per evitare il bracconaggio.
9. Quindi in realtà è una farsa ma comunque realizzata nel rispetto delle leggi vigenti in quei paesi?
Sì, ma questo non rende meno grave il proliferare di questa spazzatura sui social, perché finti o veri che siano, veicolano nel pubblico il concetto che portarsi a casa qualunque bestia selvatica si trovi in giro è accettabile e meritevole. Nella maggior parte dei casi invece questo porta a morte il cucciolo o il pulcino, a causa dell’inesperienza dei salvatori, e negli altri casi lo inabilita completamente a poter tornare libero una volta cresciuto.
10. A mio avviso c’è anche un pericoloso effetto di emulazione. Molta gente vede questi video e la reazione istintiva che ha è “che bello, ne voglio uno anch’io!”, credendo ingenuamente che sia qualcosa di fattibile e alla portata di tutti. Che cosa ne pensa?
Penso che sia una cosa assolutamente nefasta. Per allevare correttamente un animale selvatico, sia pure nei limiti ed entro i regolamenti che la legge giustamente impone, servono molte più competenze di quante non ne servano per occuparsi di un cane, gatto, criceto, cocorita. Oltre che più soldi e più spazi. Per fare un esempio dei danni che queste mode hanno causato, la saga di Harry Potter ha scatenato (in UK ma anche qui da noi) una “gufomania”: tutti i bambini, e molti adulti, hanno cercato, comprato (legalmente) e poi abbandonato o portato nei bioparchi centinaia di gufi, assioli, civette, barbagianni, ingannati dall’idea dei gufi che viene data nella saga. Questo perché prendersi cura di un uccello rapace notturno, sia pure di un soggetto con i documenti in regola, non è affatto facile: i gufi anzitutto hanno un odore forte e per molti sgradevole, vanno nutriti con topi, ratti, quaglie e altre prede intere morte. E molte specie hanno bisogno di volare ogni giorno, in ambiente aperto, assieme al loro falconiere. Cosa che, se non si sa fare, espone l’animale al rischio di perdersi e morire. Inoltre, molte specie di rapaci notturni sono parecchio rumorose e producono richiami lancinanti nel cuore della notte. Questo è solo un assaggio dei problemi; ogni specie ha i suoi, naturalmente.
11. Quindi secondo il suo occhio clinico, la storia della lince è vera oppure si tratta di una lince cresciuta in cattività e messa sul ciglio di quella strada solo per mettere in piedi la sceneggiata?
Come ho già detto prima, tutto nel comportamento docile e passivo di quel cucciolo fa pensare a un cucciolo allevato e socializzato con gli umani, che non mostra molta sorpresa né paura, né difficoltà relazionali. O si trattava di un cucciolo seriamente malato o indebolito, e non mi sembrava il caso; oppure era un cucciolo piazzato apposta lì sul ciglio della strada per girare il video.
12. Oltre a queste storie sporadiche, sui social ci sono anche profili interamente dedicati ad animali di questo tipo; alcuni sono dei veri VIP dei social che fruttano non pochi soldi ai loro padroni/carcerieri, in termini di monetizzazioni. Un caso abbastanza noto è la pantera Luna che attualmente ha quasi 4 milioni di follower su YouTube. Che cosa ne pensa?
Nulla di buono. Non si può in alcun caso parlare di divulgazione su questi casi. È solo spettacolarizzazione e monetizzazione fatta sulla pelle degli animali. Quindi consiglierei di non seguirli e di non diffondere i loro post.
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