Scocciature della professione forense: nuovo esame universitario


In un periodo in cui si moltiplicano (a volte anche con eccessi di fantasia) le proposte per rinnovare e dare nuova linfa alla categoria forense, voglio avanzare anch'io la mia umile proposta.
Nel caso di una futura e ulteriore riforma della Facoltà di Giurisprudenza, propongo l'inserimento di un nuovo esame o di una semplice idoneità in "Scocciature (o anche meno elegantemente "Rotture di palle") della professione forense"; insegnamento universitario obbligatorio per il primo o secondo anno nel quale spiegare agli studenti tutte le scocciature legate alla vita forense in senso più pratico e concreto: dalla gestione della previdenza e della fiscalità, ai rapporti con l'ordine professionale, dal rapporto con i clienti (anche i più difficili e ingestibili) a quello con i colleghi più furbi e meno etici, fino ad arrivare al confronto con il muro di gomma della burocrazia degli uffici giudiziari e amministrativi.
Un esame del genere avrebbe due principali funzioni. Innanzitutto una funzione formativa, perchè insegnerebbe finalmente cose concrete e davvero utili per il proprio futuro professionale. Inoltre, una funzione selettiva; infatti, aumentando nei giovani la consapevolezza su questi temi, di certo la loro smania di diventare avvocati dimunirebbe e quindi andrebbero in minor numero ad affollare la già affollata categoria. Capirebbero così fin da subito che in fondo solo una piccola parte del tempo lavorativo dell'avvocato è spesa nello studio di questioni giuridiche (come appare nella mente ingenua dell'universitario), mentre la gran parte è spesa (o forse sprecata) in altre meno amene e meno edificanti attività.
Condizione fondamentale, però, dovrà essere che le cattedre di questa nuova materia non siano affidate ai soliti professori baroni che hanno svolto la professione solo in tempi d'oro o addirittura non l'hanno mai svolta; ma che al contrario siano riservate ad avvocati under 35, scelti soprattutto tra quelli che giorno per giorno si confrontano e si scontrano con le suddette difficoltà e scocciature.
Mi metto a disposizione volontariamente e gratuitamente del ministero o della competente commissione parlamentare per redigere il disegno di legge.

Commenti

Anonimo ha detto…
Abbi fede Simone....anche i quasi 49 avvocati perdono tempo tra cancellerie, poste, ufficio notifiche.... gli unici a non farlo non sono giovani o anziani.....ma quelli che si dicono avvocati e non fanno gli avvocati :-)
Fabrizio
Simone Aliprandi ha detto…
Infatti Fabrizio...
ma il mio articolo non era tanto per dividere tra buoni e cattivi o tra privilegiati e vittime del sistema. Era per sottolineare che queste cose sarebbe meglio saperle subito, fin dai primi anni di laurea. Così uno fa i suoi conti; e se poi sceglie comunque quella carriera, non può dire "ah ma io non sapevo che era così!"
Anonimo ha detto…
Ecco spiegato il motivo per cui ho mollato la pratica dopo 18 mesi.
Simone Aliprandi ha detto…
Mauro... ti sei salvato per il rotto della cuffia; sei stato bravo e hai beccato forse ancora un periodo buono per il lavoro nelle aziende. Ma in alcuni casi dopo 18 mesi di pratica potrebbe già essere troppo tardi per reinventarsi. Alcuni, studenti meno virtuosi, arrivano a quel traguardo che hanno già 27-28 anni, ed è troppo tardi per il famoso periodo di stage che, con la nuova disciplina, dev'essere avviato entro i 12 mesi dalla laurea.