La scorsa settimana, mentre interrogo all'università per l'esame di Diritto d'autore e legislazione dei beni culturali, mi si presenta una studentessa con il mio libro Capire il copyright (adottato come manuale del corso) interamente fotocopiato. Nulla in contrario da parte mia: d'altronde quel libro come tutte le altre mie pubblicazioni è distribuito con una licenza CC ed è interamente disponibile anche online. La cosa singolare è un'altra.
Sul frontespizio, tra l'altro proprio sulla pagina che contiene il riferimento alla licenza di libera distribuzione, vedo incollati quattro bei bollini di quelli che le copisterie rilasciano per rendere "legali" le fotocopie di libri nel limite del 15% dell'opera.
ORRORE E RACCAPRICCIO!
E' la prima volta in assoluto che li vedo; eppure ho fotocopiato anch'io pezzi di libri nelle copisterie di recente.
Di primo acchito subito un senso di tristezza mi pervade le membra, solo per il fatto di vedere quei bollini contrassegnare un mio libro.
Mi faccio raccontare dalla studentessa la dinamica dei fatti ed ella mi assicura di aver fatto presente chiaramente la questione della licenza; ma senza raggiungere grandi risultati.
Infine la studentessa mi dona quel cimelio (NB: solo la pagina interessata) e a casa mi metto a riflettere su alcune assurdità e controsensi.
Premessa: sono consapevole del fatto che ad un gestore di una copisteria non può essere richiesto di sostenere l'esame di diritto d'autore per essera abilitato alla professione. Ma in generale mi sembra che questo sia il sintomo di un sistema che non funziona molto.
Pongo solo alcune domande. Se qualcuno vuole provare a rispondere, sarò lieto di leggere e pubblicare i commenti.
- Come mai il mio libro glielo hanno fotocopiato tutto e non solo nel limite del 15%? Boh, mistero.
- Come mai ci sono solo 4 bollini validi ciascuno per 3 pagine (quindi per un totale di 12 pagine) quando il libro è di 128 pagine totali? In base a quale algoritmo? Boh, mistero.
- Se invece che con il libro la studentessa fosse andata in copisteria con una chiavetta USB contenente il PDF del libro (che è lo stesso identico impaginato del libro cartaceo) le avrebbero fatto pagare lo stesso i bollini? Oppure non essendo fotocopia in senso tecnico avrebbero lasciato perdere? Boh, mistero.
- Sui bollini ci sono i loghi di 3 enti (AA Autori, SIAE, AIE): ma io e il mio editore nulla abbiamo a che fare con loro. Quindi a chi andranno quei soldi? boh, mistero.
Ad ogni modo – tengo a precisarlo – scopo di questo post non era creare un caso politico e fare polemica. Mi sembrava più che altro un episodio originale e utile alla riflessione.
So che il tutto è stato dettato solo da un eccesso di zelo di un operatore della copisteria che – come detto – non è tenuto a conoscere di sua iniziativa certi aspetti peculiari. Ciò non toglie che l'episodio rivela una necessità di maggiore informazione e trasparenza in quest'ambito.
Nella foto: scansione originale della fotocopia “incriminata”.
Commenti
Mai visti, essì che di libri ne ho fotocopiati tanti, sia in biblioteca che nelle copisterie.
A questo punto una vocina maligna dentro di me pensa che se li sia presi la copisteria, quei soldi.
Una domanda: ma si è rivolto alla copisteria per chiedere spiegazioni?
Visto che ci sono, vorrei complimentarmi con lei proprio per questo libro che ho trovato semplice, interessante e davvero completo!
Per rispondere alla sua domanda: no, non mi sono rivolto alla copisteria. Non mi interessava molto approfondire il caso pratico. Sarebbe tempo sprecato. Era solo per lanciare uno spunto di riflessione.
Un caro saluto, Simone Aliprandi
E in genrale è solo un equivoco (piuttosto diffuso, purtroppo) che Creative Commons sia un'alternativa alla SIAE. Infatti, a determinate condizioni, le due cose possono convivere,.
Qui il problema è un altro. Cioè quello di far conoscere le implicazioni giuridiche e pratiche di licenze come le CC anche a chi non è del settore. E purtroppo il gestore di una copisteria non è tenuto a sostenere l'esame di "teoria e tecnica del copyleft" (che per altro non esiste in nessuna facoltà... peccato!). E nel timore di fare qualcosa di sbagliato, si astiene.
Sì, sì, non intendevo dire che fossero la stessa cosa. ^^" Intendevo semplicemente che non ho mai visto bollini di nessun genere su un libro fotocopiato, anche se mi rendo conto che, da come ho reso la frase, si capisce tutt'altra cosa.
È una cosa che, in generale, mi ha sempre preoccupato. Ci sono volte che sembra che di diritto se ne parla solo tra gli addetti ai lavori quando poi tutto il resto della società segue regole diverse... molto spesso consuetidini e prassi. L'ultima delle fonti del diritto! È una cosa che dovrebbe far riflettere.
Nel caso concreto forse la spiegazione è quella più semplice. Non ho mai visto quei bollini. In copisteria avranno letto il titolo del libro e pensato di fare cosa giusta (e legale) apponendo i bollini.
Ok, l'addetto della copisteria non può sapere certe cose ma... non staremo sostenendo qualcosa di sovversivo così? Se lui non è obbligato a sapere allora lo Stato ha l'obbligo di far sapere. Per questo esiste la gazzetta ufficiale. Ma poi a prescindere dall'efficacia di questa pubblicità ai giorni d'oggi, non è onere della copisteria informarsi sulle leggi che regolano la sua attività?
Dov'è il principio per cui l'ignoranza della legge non scusa?